Cronaca

Morì precipitando dalle scale
del Busi: in aula i familiari

Si è aperto oggi con le testimonianze dei familiari il processo nei confronti di Giuseppe De Ranieri, direttore sanitario della Casa di Riposo Busi di Casalmaggiore, difeso dall’avvocato Giovanni Benedini, di Hugo Jesus Martinelli, all’epoca medico di reparto, e della coordinatrice infermieristica Colombi, accusati della morte di Eugenia Baroni, 82enne di Martignana di Po, che il 2 agosto del 2020 cadde precipitando da una rampa di scale interna alla Rsa casalese.

L’accusa è omicidio colposo, in quanto l’82enne, ospitata al primo piano della struttura, si era mossa liberamente subìto dopo la colazione, riuscendo ad arrivare alla rampa di scale dalla quale era poi caduta, senza che nessuno del personale riuscisse a fermarla o la tenesse sotto controllo, come per procura sarebbe stato opportuno, viste le condizioni di salute dell’anziana, con un quadro clinico di degenerazione cognitiva, che deambulava a fatica e comunque per mezzo di una carrozzina. Sempre per l’accusa, gli imputati avrebbero omesso di adottare le idonee e concrete misure assistenziali e terapeutiche che avrebbero evitato il decesso dell’anziana.

La famiglia della vittima non è parte civile in quanto già stata risarcita.

“Mia madre era ospite al Busi dal gennaio del 2019”, ha detto una delle tre figlie della Baroni. Tutti i giorni le figlie andavano a trovare la mamma, fino a quando è arrivato il Covid. “Durante la pandemia la sentivamo per telefono”, ha raccontato la donna, “ma la mamma non era più la stessa, era giù di morale. Quando è successo il fatto, la mamma, che era stata spostata in altre stanze, era stata messa in quella in fondo vicino alla porta di emergenza”. Da una operatrice sanitaria, la testimone era venuta a sapere che la paziente aveva tentato di avvicinarsi alla porta di emergenza e che aveva cercato di strappare i fili della luce. “Ma noi l’avevamo affidata a loro”.

“Mia mamma era andata in deperimento, non mangiava più”, ha raccontato a sua volta l’altra figlia. “Ci avevano detto che l’avrebbero spostata al piano di sotto, dove i pazienti erano maggiormente sorvegliati, ma aspettavano le nostre firme per l’autorizzazione. Lo avremmo fatto lunedì 3 agosto, il primo appuntamento fissato, e invece la mamma il giorno prima è morta. Per spostarla, nessuno ci ha parlato di una retta diversa, ma se così fosse stato non ci sarebbe stato problema”.

Quella domenica mattina, la Baroni, sulla carrozzina, aveva raggiunto la porta che dà accesso alle scale antincendio della struttura. L’allarme era suonato e il personale era subito intervenuto, ma nel frattempo l’anziana era già arrivata al pianerottolo, ed era precipitata sulla prima rampa di cinque scalini con tutta la carrozzina. Le condizioni della donna erano apparse subito molto gravi. Per lei inutili i disperati tentativi di rianimazione.

A testimoniare, in udienza, anche un’infermiera, un’operatrice sanitaria e un’ausiliare socio assistenziale. “Ero in una stanza con una mia collega”, ha ricordato quest’ultima. “Abbiamo sentito l’allarme e siamo accorse. Sulle scale c’era Eugenia che era ancora legata alla carrozzina. Aveva già tentato di scappare altre volte, e per questo stavamo tutti più attenti, ma riusciva comunque a togliere il freno alla carrozzina”. “So che era malata di Alzheimer e per questo era spesso agitata”, ha invece riferito l’operatrice sanitaria.

Cruciale, nel processo, sarà capire la dinamica dell’apertura della porta. Si torna in aula il 4 ottobre con l’esame dei periti.

Sara Pizzorni

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