Cronaca

Estorsione: "Voltini voleva fare
pulizia, clima di intimidazione"

E’ stata depositata la motivazione della sentenza emessa il 13 dicembre del 2022 dalla Corte d’Appello di Brescia che aveva confermato la sentenza di primo grado nei confronti di Paolo Voltini: 4 anni e 6 mesi. Il presidente di Coldiretti Cremona e Coldiretti Lombardia, processato con il rito abbreviato, doveva rispondere dell’accusa di estorsione aggravata.

Nelle 25 pagine, i giudici hanno in sostanza ripreso i motivi del primo grado, rimarcando la condotta di “intimidazione, palese minaccia e palese violazione dei minimi diritti dei dipendenti” da parte dell’imputato, che aveva “estorto le dimissioni di due dipendenti del Consorzio Agrario, Paolo Ferrari, 63 anni, di Casirate d’Adda, ed Ersilio Colombo, venditore di mezzi agricoli, rispettivamente formalizzate il 17 giugno del 2015 e il primo luglio del 2015”.

Appena assunto l’incarico di presidente del Consorzio, Voltini aveva costretto i due dipendenti, che sarebbero stati a lui sgraditi in quanto assunti dalla precedente gestione, a sottoscrivere le proprie dimissioni sotto la minaccia di rovinare loro la carriera e di trascinarli in tribunale per un ipotetico buco di 800 mila euro causato alle casse del Consorzio Agrario. L’imputato aveva impedito  fisicamente ai due dipendenti di uscire dalla stanza dove erano stati convocati e di usare il telefono cellulare per contattare il proprio legale. In questo modo li aveva costretti a firmare le proprie dimissioni, “violando i loro diritti relativi all’interruzione del rapporto di lavoro, così procurandosi l’ingiusto profitto consistito nel liberarsi illegittimamente di persone non gradite, senza pagare loro le indennità spettanti in base alle norme a tutela del lavoratore e senza risarcire o negoziare il danno provocato dagli improvvisi licenziamenti”. Per i giudici di secondo grado, Voltini “voleva fare pulizia dei dipendenti assunti dalla precedente gestione”.

Il primo luglio del 2015, Voltini aveva convocato Colombo, intimandogli con “tono perentorio” di rassegnare le proprie dimissioni per il buco nel bilancio. Il dipendente aveva chiesto di potersi consultare con il proprio legale, ma Voltini gli aveva impedito di uscire dalla sala riunioni, parandosi davanti alla porta e sottraendogli il telefono. “Tu da qua non esci. Pensa alla tua famiglia, alla tua casa, alla tua carriera per i danni che hai procurato. Ti prendiamo tutto e non avrai più la possibilità di avere un lavoro nel tuo settore, quindi firma le dimissioni subito e senza preavviso e chiudiamo la faccenda”. “Intimorito dalle minacce del presidente”, Colombo aveva scritto la lettera di dimissioni. Stesso comportamento con Ferrari: “Ti trascino in tribunale”, gli aveva detto l’imputato, “ti chiediamo 800/900mila euro di danni. Ti mangiamo fuori la casa e tutti gli averi. Non ti faccio più lavorare”. E anche Ferrari aveva firmato.

L’Appello aveva confermato anche i risarcimenti: 20mila euro a testa come provvisionale in favore  dei due dipendenti, assistiti dagli avvocati Luca Vinciguerra e Luigi Lupinacci. Se la condanna verrà confermata dalla Cassazione, per Voltini scatterà la pena accessoria della sospensione da tutte le cariche per la durata di quattro anni e mezzo.

Insieme al presidente, è stato processato anche Tullo Soregaroli, suo collaboratore. In primo grado, il coimputato era stato condannato a tre anni e quattro mesi, mentre in Appello la pena era stata ridotta a 2 anni e 4 mesi. Soregaroli doveva rispondere in concorso con Voltini in relazione alle “dimissioni” del solo Colombo.

Sara Pizzorni

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