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Borsellino, il fratello: “Strage di Stato ma nessun colpevole”

(Adnkronos) – “Nella sentenza c’è scritto quello che sostengo da 30 anni: via D’Amelio non fu solo una strage di mafia ma di Stato, ci furono complicità e la sottrazione dell’agenda rossa avvenne a opera di elementi delle Istituzioni”. A dirlo all’Adnkronos è Salvatore Borsellino, fratello di Paolo ucciso nella strage del 19 luglio del 1992 insieme agli agenti di scorta, a proposito delle motivazioni della sentenza sul depistaggio delle indagini sull’eccidio depositate ieri. Il processo si è concluso con la prescrizione del reato di calunnia aggravato contestato ai poliziotti Mario Bo e Fabrizio Mattei e l’assoluzione del terzo poliziotto imputato, Michele Ribaudo. Il fondatore del movimento delle Agende rosse, che da anni si batte per arrivare a una verità processuale su quei tragici fatti di sangue, non nasconde la propria “amarezza”.  

“Innanzitutto perché la notizia è passata quasi inosservata – dice -. Sui giornali stamattina si parla solo dei problemi di salute di Berlusconi. Non c’è nessun accenno a questa sentenza che per me è importante e conferma quello che ripeto da 30 anni”. Ma l’amarezza è legata anche e soprattutto all’assenza di colpevoli. “I giudici affermano che non fu solo mafia ma in quella sentenza non ci sono colpevoli e dubito che mai ce ne potranno essere – sottolinea Salvatore Borsellino -. Il problema è che a 30 anni di distanza siamo arrivati a causa di quei depistaggi, i cui autori vengono assolti per prescrizione. E’ un cane che si morde la coda, una contraddizione. Avrebbe dovuta essere indagata tutta la catena di comando che ha condotto al depistaggio e non solo gli ultimi anelli per i quali è intervenuta, comunque, la prescrizione”.  

“Avere giustizia nel nostro Paese è una cosa impossibile se non difficile – dice ancora -. Questa sentenza lo dimostra: nessun colpevole. Siamo davanti a una giustizia parziale”. Sarà mai possibile fare piena luce su quell’eccidio? “Dal punto di vista giudiziario non credo che si arriverà alla verità, o perlomeno io non sarò vivo se mai dovesse accadere. La verità storica, invece, ormai è evidente, ma la giustizia è un’altra questione… Si parla di ‘elementi istituzionali’, però perché non si è indagato a fondo su questi elementi?”. Insomma, è la tesi di Salvatore Borsellino, “il depistaggio inizia con la sparizione dell’agenda rossa eppure su questo punto fondamentale non c’è mai stato un processo specifico”. 

“Perché vengono indagati quelli che hanno convinto Scarantino a depistare – chiede il fratello del giudice – e non si indaga a fondo su chi ha potuto prelevare l’agenda rossa? Sul fatto che quando La Barbera riconsegna la borsa l’agenda rossa non c’è più, sul fatto che il verbale del prelievo di quella borsa è stato fatto mesi dopo e non nell’immediatezza? La borsa era un reperto fondamentale per arrivare agli autori di quella strage. Si dice ‘è stato lo Stato’, ma lo Stato è fatto di uomini – ragiona il fratello del giudice antimafia -. Queste persone dove sono oggi? Sono ancora dentro le Istituzioni, magari in posti di comando? Ecco perché questa sentenza mi provoca più amarezza che soddisfazione”.  

La battaglia di Salvatore Borsellino per arrivare alla verità sulle stragi del ’92, però, non si ferma. “Di recente abbiamo costituito l’Associazione dei familiari delle vittime della Falange armata con la quale vogliamo, presentando a breve una memoria alla Procura di Milano, fare riaprire le indagini su questa Falange armata su cui non si è indagato abbastanza e che per noi costituisce un filo rosso che lega tutte le stragi. Forse unificando le indagini e facendo sì che non siano Procure diverse a indagare magari con risultati differenti, si potrà dare un nuovo impulso alle indagini e arrivare a una verità completa e non parziale”, conclude. (di Rossana Lo Castro) 

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