Cronaca

A Cremona Solidale convegno
sull'invecchiamento di successo

Oltre un centinaio (tra professionisti del settore, caregiver e volontari di associazioni del territorio), i partecipanti al convegno “L’invecchiamento di Successo- mito o realtà?” organizzato dall’Azienda Speciale Comunale Cremona Solidale nel pomeriggio di ieri, venerdi 17 marzo, presso la Palazzina Azzolini della struttura. Scopo dell’evento scientifico (partrocinato da SIGG, AIP e Comune di Cremona) quello di mettere a fuoco strategie ed interventi potenzialmente in grado di trasformare “Il mito” dell’invecchiamento di successo in una solida realtà; un obiettivo a cui una fetta di popolazione sempre più ampia (in virtù dell’aumento progressivo dell’aspettativa di vita), non può che guardare con crescente interesse.

I lavori sono stati aperti dal Direttore Generale dell’azienda, la Dottoressa Alessandra Bruschi, e dal saluto istituzionale del direttore dell’ UO Direzione e Prevenzione Regionale del Welfare Lombardia; il dottor Danilo Cereda. Al centro del dibattito tra i relatori, la nozione di “successful ageing”: un concetto intorno al quale si sono susseguiti, nell’ambito di una ricca tavola rotonda, gli interventi di accademici e professionisti, nello sforzo di avvicinarci, per quanto possibile, al raggiungimento di “una giovane terza età”.

Un obiettivo che, secondo il professor Marco Trabucchi – Presidente dell’Associazione Italiana Psicogeriatria (Il ruolo delle società scientifiche nel promuovere l’invecchiamento di successo)- non può prescindere da un rapporto il più possibile obiettivo con la struttura genetica dell’individuo, della quale debbono essere realisticamente considerate le possibilità. Ma che pure, deve “rifiutare una visione meramente commerciale dell’atto di cura, incoraggiando la resilienza dell’anziano anche attraverso la ricerca di giustizia sociale; di atti d’amore individuali e collettivi e di una maggiore esigibilità da parte delle società scientifiche, cui spetta il compito di orientare e di ricalibrare il dibattito intorno all’invecchiamento”.

L’intervento del Professor Giuseppe Belelli, dell’Università Bicocca (Il contributo della geriatria nell’organizzazione dei servizi per pazienti cronici), si è invece focalizzato sulle prospettive presenti e future della presa in carico del paziente anziano, evidenziando come la collaborazione tra professionisti della geriatria debba essere orientata alla “decentralizzazione e al miglioramento dell’assistenza della persona che invecchia”.

Un modello possibile, in tal senso, proviene dall’esperienza catalana, descritta invece dal professor Marco Inzitari, direttore delle Cure Intermedie presso la clinica catalana Pere Virgili (+AGIL Barcelona: come e dove intervenire?).

Al centro del suo contributo, un progetto concreto, + AGIL Barcelona; il quale ha permesso di osservare, all’interno di una comunità di over 80 destinataria di un programma di tre mesi di interventi multidisciplinari, un miglioramento complessivo della performance fisica, con importanti vantaggi anche a livello cognitivo.

“Al termine della fase osservativa iniziale, il paziente anziano prosegue con il programma di attività motoria che ha avviato, ma all’interno di strutture dislocate sul  territorio-Ha spiegato il Professor Inzitari – obiettivo del progetto, è infatti anche quello di rafforzare il legame bilaterale  tra la persona che invecchia e la comunità che la accoglie. ”

“L’invecchiamento è un processo attivo, profondamente influenzato dall’impatto che fattori come la scolarizzazione, la genetica, le esperienze professionali e l’attività fisica registrano, sulla riserva cognitiva” – Ha poi ribadito il dottor Alessandro Morandi, Cremona Solidale (Invecchiamento attivo e riserva cerebrale). “Proprio in questa direzione si muoverà il nostro progetto Pilota, destinato alle strutture di via XI Febbraio e alla Comunità Duemiglia: monitorare – in aperta continuità con +AGIL Barcelona-gli effetti di una attività motoria strutturata sulle diverse aree della sfera cognitiva”.

Tutt’altro che marginale, inoltre, l’aspetto psicosociale, che ha a sua volta importanti ricadute in termini di stimolazione cognitiva.

“Per un invecchiamento di qualità, non può essere tralasciato il patient engagement- ha ricordato infatti la professoressa Guendaglina Graffigna, dell’Università Cattolica di Cremona (La promozione del benessere psicosociale) – Del resto, si tratta di un asset fondamentale per far fronte alla sostenibilità della cura:   basato sul protagonismo della persona in sanità, esso, ha valore etico e pragmatico; da un lato, contribuisce a mantenere il paziente ricettivo; dall’altro,promuove un significativo cambiamento culturale ed organizzativo, nella gestione della malattia cronica.”

Un invecchiamento come percorso “attivo”, dunque: che non può prescindere da una crescente

patient awarness, fondata su irrinunciabili interventi di educazione al benessere. Fondamentale, in tal senso, il ruolo delle Agenzie di Tutela della Salute.

“Come ci ricorda il Piano di Prevenzione Regionale – ha evidenziato, a tale proposito, la dottoressa Elena Lameri, del DIPS di ATS Val Padana  (Le azioni di ATS per promuovere stili di vita salutari) – fondamentale è l’individuazione dei fattori di rischio, che allontanano il target anziano da un invecchiamento di qualità. Patologie, dipendenze ed isolamento sono casistiche che debbono essere attentamente valutate, onde poter attivare un complesso di interventi mirati a contrastarle in maniera  efficace, al fine di impedire che l’anziano possa smarrire l’entusiasmo del vivere.”

Se l’”healthy aging” passa quindi attraverso un percorso strutturato, nell’ambito del quale la persona anziana – con la sua irrinunciabile centralità – è chiamata a compiere                                                                                    scelte ed ad applicare precetti, impensabile non educarla alla pericolosità di un nemico tangibile: il diabete. “Quella del diabete può essere definita una “epidemia silenziosa”: i casi, negli ultimi decenni, hanno registrato un costante aumento” – Ha ammonito la dottoressa Patrizia Ruggeri, nota diabetologa e riferimento territoriale (controllo dei fattori di rischio cardiovascolari: il ruolo del diabete). “Imprescindibile, dunque, delineare una terapia personalizzata, modellata ad hoc sulla base della situazione metabolica specifica. Ma non basta. Oltre ad utilizzare le nuove classi di farmaci, occorre sensibilizzare il paziente all’importanza dei fattori preventivi: l’osservanza di dieta corretta e di una attività fisica, per quanto possibile, costante.”

Per un invecchiamento di qualità, dunque, gli esperti sono concordi: nessun rimedio che abbia caratteri di immediatezza. Ma un’indicazione, forse, ben più preziosa: la consapevolezza che “il buon vivere” sia il risultato di un percorso mediato ed integrato, che passa attraverso una serie di interventi multidisciplinari inscindibili dall’instaurarsi di una fiducia reciproca tra medico e paziente.

Perchè se è vero che “non possiamo evitare di invecchiare; ma non dobbiamo per forza diventare vecchi”…il ruolo di una società responsabile non può che essere quello di farsi, a fronte di questo traguardo di vita, guida e sostegno, attivando una rete di servizi idonea a promuovere un invecchiamento rispettoso dell’individuo e della sua irripetibilità.

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