Cronaca

Le frustate e le costrizioni?
Non erano vere. Papà assolto

Assolto dai reati di maltrattamenti e concorso in violenza sessuale. Così è terminato il processo per un padre albanese che era stato accusato di aver alzato le mani sulla figlia, di averla minacciata di morte e obbligata a fidanzarsi con un connazionale, finito anche lui davanti ai giudici per violenza sessuale. Anche il ragazzo è stato giudicato non colpevole. Solo per il papà, il pm aveva chiesto una condanna a 4 anni e 9 mesi di reclusione.

L’avvocato Giribaldi

La motivazione sarà depositata entro 60 giorni, ma evidentemente i giudici non hanno creduto alla presunta vittima, una giovane di 22 anni, all’epoca dei fatti appena maggiorenne, da 15 anni residente a Cremona. Lo scorso 7 giugno la ragazza aveva raccontato in aula le violenze e le minacce subite, maltrattamenti cominciati già a otto anni, quando sarebbe stata frustata sulla schiena dal padre perchè trovata a casa di amici. Un difficile rapporto, quello tra padre e figlia, lui uomo di campagna e osservante delle tradizioni del paese di origine che l’avrebbe obbligata a frequentare un connazionale, prenotando per loro una stanza in un albergo di Cremona.

Accuse che nel corso dell’ultima udienza erano state smentite con forza sia dalla mamma che dalla sorella della ragazza. “Non è stata mai picchiata da suo padre, poteva entrare e uscire quando voleva. E’ sempre stata trattata come una principessa”, aveva sostenuto la mamma, che aveva parlato di una figlia problematica: una ragazza chiusa, di poche parole, bullizzata a scuola, che veniva ripresa dagli insegnanti perchè usava il telefono in classe e non studiava. “Abbiamo dovuto mandarla da uno psicologo”, aveva spiegato la donna, che sul presunto fidanzamento forzato aveva negato le pressioni del marito, sostenendo che la relazione con quel giovane l’aveva voluta la figlia.

Quel pretendente, poi accusato di violenza sessuale, la ragazza l’aveva conosciuto nell’aprile del 2019, raggiunti i 18 anni. “Mio padre diceva che era ora che mi facessi una famiglia, che avrei dovuto sposarmi, ma io non ero d’accordo e lui mi ha minacciata”, aveva raccontato la vittima. “Se non fai quello che ti dico ti ammazzo e poi mi uccido”, le avrebbe detto il padre, che il 3 maggio di quello stesso anno in camera sua le avrebbe tolto il telefono, afferrata per i capelli e colpita con un calcio, fino a farla cadere a terra.

“Tu dormi con lui perchè ormai sei sua”, le avrebbe detto il padre, e lei non avrebbe avuto la forza di reagire per paura della reazione del genitore, spalleggiato dalla moglie. “Ho dovuto anche accettare l’anello di fidanzamento”, aveva ricordato la ragazza, che per il fidanzato aveva detto di aver provato solo indifferenza. “Lo faccio per te”, le avrebbe detto ancora una volta il padre, colpendola sulle gambe con un frustino di legno, “affinchè tu ti possa creare una vita migliore”.

All’epoca la giovane era attratta da un coetaneo. “Lui mi piaceva, ma non era delle mie parti e mio padre non approvava”, aveva raccontato lei, dicendo che il padre aveva preso il telefono e aveva minacciato il ragazzo: “Stai lontano da mia figlia se non vuoi morire”.

Alla fine la giovane si era confidata con una sua professoressa. Della sua situazione familiare, oltre alla scuola, si erano interessati i servizi sociali, una psicologa e il personale della polizia municipale specializzato in violenze in famiglia.

“Le cose non sono andate come ha descritto la procura”, ha commentato dopo la lettura della sentenza l’avvocato Stefania Giribaldi, difensore del padre della ragazza. Nella sua arringa, il legale ha chiesto ai giudici di tener conto del contesto culturale della famiglia, ma ha negato, da parte del padre, botte o costrizioni di qualsiasi genere. “La ragazza evidentemente si è trovata in difficoltà”, ha spiegato l’avvocato Giribaldi. “I genitori avevano preso un impegno con la famiglia del ragazzo, e quando lei si è invaghita di un altro, non sapeva più come uscirne e quindi ha esagerato le cose con un racconto romanzato”.

Sara Pizzorni

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