Cronaca

Fanghi contaminati. Fissata l'udienza
a 5 anni dall'inizio dell'indagine

E’ stata fissata al prossimo 5 aprile a Brescia l’udienza preliminare sul caso dei fanghi contaminati. Sotto accusa c’è la Wte, azienda bresciana accusata di aver sparso anche su terreni agricoli della provincia di Cremona una quantità impressionante di fanghi da depurazione contaminati. La Wte, con siti industriali dislocati tra Calcinato, Calvenzano e Quinzano, è in amministrazione giudiziaria dal 24 maggio del 2021, quando i carabinieri forestali avevano sequestrato i tre capannoni a Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio.

Giuseppe Giustacchini, responsabile della società, è indagato insieme ad altri 14 tra collaboratori e contoterzisti per lo spargimento, avvenuto tra il 2018 ed il 2019, di 150mila tonnellate di fanghi tossici su 3mila ettari di campi del Bresciano e del Nord Italia, cremonese compreso. I fanghi, che avrebbero dovuto essere depurati, igienizzati e così utilizzati come fertilizzanti, sarebbero invece stati sparsi, oltre che in svariate località bresciane, nei comuni cremonesi di Formigara, Castelvisconti, Pieve D’Olmi, Pieve San Giacomo, Sospiro, Martignana di Po, Torricella de Pizzo, Castelleone, Gussola, Casalmorano, Piadena, Persico Dosimo, Derovere, Scandolara Ravara.

Le accuse, per gli indagati, tra persone fisiche e società, vanno dal traffico illecito di rifiuti alla gestione di rifiuti non autorizzata, fino al getto pericoloso di cose.

Agghiaccianti le intercettazioni telefoniche emerse nel corso delle indagini come quella di un geologo della Wte, che al telefono di uno dei contoterzisti, aveva detto: “Io ogni tanto ci penso eh… Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi… Io sono stato consapevolmente un delinquente”.

I fanghi che venivano sparsi sui campi degli inconsapevoli agricoltori erano, a detta di Arpa e del consulente della procura, veri e propri rifiuti.

I contoterzisti, secondo quanto ricostruito durante l’indagine dei forestali, sarebbero stati pagati oltre 100mila euro al mese per spargere quei fanghi che, stando all’accusa, non venivano lavorati a norma di legge; ma dalle analisi prodotte con le autocertificazioni tutto sembrava regolare.

Sara Pizzorni

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