Cronaca

Farina di grillo nei cibi: ok dell'Europa
ma la produzione è ancora di nicchia

Da ieri può essere commercializzata nell’Ue la farina parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (il grillo domestico), come elemento proteico da poter aggiungere alle preparazioni alimentari. Secondo il nuovo regolamento la polvere di grilli sarà ora consentita in prodotti alimentari di consumo quotidiano, come pane, cracker, biscotti, seppure in quantità minime: ad esempio, pane e panini multicereali, cracker e grissini (massimo 2 grammi ogni etto); barrette di cereali (max 3 gr.); premiscelati per prodotti da forno secchi (max 3 gr.); biscotti (max 1,5 gr.). Una misura che sta facendo discutere e divide il modo politico, con una parte  – come la Lega – che la considera un assalto alla tradizione italiana e alle sue eccellenze.
Ma per il mondo scientifico, la novità non è eclatante, come ci spiega il professore di Entomologia Agraria e Conservazione delle derrate alimentari dell’università Cattolica, Emanuele Mazzoni.

“Questi prodotti rientrano nella legislazione europea dei novel food: sono ammessi come nuovi cibi alcuni derivati dagli insetti, in particolare dai grilli, da una specie di cavalletta, da alcune specie di coleotteri, sotto forma di farine o larve essiccate o congelate”.

“La legislazione è anche più ampia, perchè permette l’uso di insetti, o parti di insetti, per alimentare animali che poi noi utilizziamo come cibo, anche se ci sono norme strette e rigorose. Per cui, ad esempio, è ammesso l’uso di larve vive per alimentare pesci, polli è più di recente anche per i suini, mentre per questi ultimi due allevamenti non è ammesso l’uso di larve congelate. A livello sperimentale sono anni che si lavora su questo argomento; ma poi quello che viene fatto a livello di ricerca non necessariamente entra a contatto diretto con il pubblico”.

L’industria della trasformazione alimentare a quanto pare in Italia è ancora abbastanza indietro nell’utilizzo di questi elementi nutrizionali. Ma ancora meno pronta è sicuramente la maggior parte della popolazione italiana: “Non sono uno psicologo – afferma il professore –  io mi occupo di insetti e di allevare insetti. Posso immaginare, da consumatore, che potrei essere tentato dalla curiosità, ma dall’altro lato vorrei anche sapere qual è il gusto organolettico. Non nascondo che molte persone hanno avversione, gli insetti provocano gli amori più sfrenati o gli odi più viscerali, lo vedo anche coi miei studenti”. Insomma, “per il consumo umano, è vero che c’è il discorso dei novel food, ma a mio parere il consumo è ancora abbastanza di nicchia”.

Da un punto di vista nutrizionale, “sicuramente sono proteine di buon livello. Io però mi sono occupato più in particolare dell’aspetto dei grassi, perchè in alcune specie possono avere un interessante utilizzo come carburanti. Anche questo è un aspetto che potrebbe essere considerato utile, soprattutto in un contesto di crisi energetica. Poter far digerire a questi insetti la frazione umida dei rifiuti solidi urbani ad esempio, e da questo derivare biodiesel, mi sembra interessante”.

Per ora dunque si parla soprattutto di ricerca in Italia per quanto riguarda l’utilizzo nell’alimentazione umana degli insetti: “Il mondo della ricerca – conclude il professore –  e quello dell’applicazione, spesso hanno velocità diverse ed esigenze diverse. Allevamenti di insetti esistono, a livello più o meno sperimentale, come noi stessi ne abbiamo a Piacenza per fare ricerca. A livello imprenditoriale in Italia c’è solo qualche realtà, mentre in Francia e Germania si producono quantitativi abbastanza elevati”. gb

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