Cronaca

Immigrazione clandestina, sgominata
banda che operava anche in Lombardia

Sgominato dalla Guardia di Finanza di Torino un sodalizio criminale dedito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che oltre al Piemonte operava anche in Lombardia, soprattutto con persone appartenenti alla comunità egiziana, a cui facevano ottenere  provvidenze di qualsiasi tipo, da quelle di tipo fiscale ai documenti per il permesso di soggiorno, al reddito di cittadinanza.

Sono sette le persone, sottoposte a misure cautelari, di cui 4 ai domiciliari e 3 in carcere, gravemente indiziate per diversi reati, tra cui l’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la truffa aggravata in danno dello Stato, la falsità ideologica e la sostituzione di persona. I finanzieri hanno altresì sequestrato preventivamente circa 150mila euro considerati profitti illeciti.

L’attività (avviata nei primi mesi del 2020) si inquadra nell’operazione denominata “Terra Promessa”, che – dopo estesi e prolungati accertamenti di polizia giudiziaria, condotti anche attraverso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali – ha portato all’individuazione di un presunto sodalizio criminale, articolato in un nucleo associativo di 3 persone (due di nazionalità egiziana e una rumena) e altri 4 soggetti tra loro strettamente collegati (due italiani, un bengalese e un egiziano), operante su Torino, ma con ramificazioni anche in altre province piemontesi e lombarde.

Secondo quanto emerso durante le indagini, il presunto sodalizio avrebbe stabilmente operato per un lungo arco temporale, almeno un decennio, attraverso una struttura amministrativa che si avvaleva di diversi soggetti giuridici (imprese e società) fittizi e inattivi, utilizzati per l’attivazione di rapporti di lavoro simulati, la predisposizione di fittizie dichiarazioni di disponibilità ad assumere e la stipula di finti contratti di locazione immobiliare. Ciò, in via generale, allo scopo di predisporre atti e documenti utili a ottenere indebitamente rilasci e rinnovi di permessi di soggiorno nonché prestazioni economiche, di varia natura, non spettanti, dall’Inps e dall’Agenzia delle entrate, a beneficio di una moltitudine di soggetti extracomunitari, di cui hanno usato le credenziali.

Pare che i soggetti indagati abbiano avuto la gestione diretta di due Centri di Assistenza Fiscale (Caf) ubicati nella città di Torino, con uffici realmente operanti, veri e propri punti di riferimento della presunta attività illecita. Ad essi si rivolgevano soprattutto egiziani, ma anche anche bangladesi, senegalesi, pakistani e nepalesi).

Con questa struttura gli indagati predisponevano, secondo l’accusa, la documentazione necessaria per ottenere il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno per l’ingresso o la permanenza in Italia di cittadini extracomunitari, nonché per captare benefici economici riconosciuti dallo Stato, sotto forma di reddito di cittadinanza, indennità di maternità, bonus baby sitter, bonus fiscali, bonus e sostegni al reddito in relazione al “Covid”, Naspi (nuovo assegno sociale per l’impiego) e rimborsi IRPeF.

I cittadini stranieri, secondo gli inquirenti, si rivolgevano al sodalizio per regolarizzare la propria posizione sul territorio nazionale venissero chiesti corrispettivi in denaro (qualificandoli come “tasse”, in genere ammontanti a 1.000 euro per “pratica”), evidenziando la prospettiva di ottenere, in cambio, “ritorni” ben più importanti attraverso la percezione (indebita) di provvidenze da parte dello Stato italiano. Il tutto attraverso i due Caf complici.

Parallelamente, gli indagati avrebbero gestito un articolato complesso di società “fantasma”, attraverso cui costituire finte posizioni lavorative di braccianti agricoli o collaboratori familiari. In proposito, sono state individuate 65 false posizioni lavorative e oltre 600 certificazioni uniche non veritiere, per un ammontare certificato di oltre 6,5 milioni di euro, utilizzate sia per precostituire posizioni reddituali inesistenti sia per favorire l’ingresso nel territorio dello Stato di cittadini stranieri e ottenere indebiti rimborsi fiscali.

Le assunzioni fittizie avrebbero, inoltre, generato, negli anni, debiti nei confronti dell’Inps per un totale di circa 350 mila euro, dovuti al mancato versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. E’ stato, altresì, possibile ricostruire flussi finanziari verso l’estero, tra il 2015 e il 2020, per oltre mezzo milione di euro, che i principali indagati sarebbero riusciti a “esportare” nonostante i consistenti debiti previdenziali dagli stessi accumulati. lb

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