"Azione spregiudicata del branco"
Scena muta dei minori davanti al gip
I maggiorenni si sono detti estranei
ai fatti. Due hanno dichiarato di essere
stati in casa il pomeriggio del pestaggio
Il gip: "Azione connotata da matrice razziale"
Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, oggi a Brescia, i 5 minori di età compresa tra i 16 e i 17 anni arrestati dagli uomini della squadra Mobile di Cremona per rapina aggravata in concorso e lesioni aggravate in concorso dopo un violento pestaggio a due giovani indiani avvenuto nel pomeriggio del 13 ottobre scorso in Piazza delle Tranvie a Cremona.
In tutto 11 gli indagati, la maggior parte di origine nordafricana, di cui 8 in arresto: i 5 minori sono al Beccaria di Milano e nel carcere di Torino, un maggiorenne a Cà del Ferro a Cremona, mentre due maggiorenni di 18 e 19 anni sono ai domiciliari. Gli altri 3 sono indagati in stato di libertà. Per il momento i legali dei minori, tra cui l’avvocato Alessandro Vezzoni, non hanno chiesto misure alternative al carcere, riservandosi di visionare gli atti. I maggiorenni, invece, si sono difesi, dichiarandosi estranei ai fatti. I due ai domiciliari hanno sostenuto di non essere nemmeno stati presenti.
Tre ragazzi maggiorenni, di cui uno in carcere, uno ai domiciliari e il terzo indagato in stato di libertà, sono difesi dall’avvocato Michele Barrilà. “I primi due”, ha fatto sapere il legale, “sono già stati interrogati il 21 e 22 novembre e hanno chiarito la propria posizione, dichiarandosi estranei ai fatti. Sono necessari, tuttavia, riscontri e sono certo che la procura stia procedendo”. In particolare, il ragazzo ai domiciliari, che il giorno prima dell’aggressione è diventato maggiorenne, ha sostenuto di essere stato a casa malato quel pomeriggio del 13 ottobre. Circostanza che sarebbe stata confermata anche dalla famiglia. In merito, i genitori dovranno essere sentiti, e approfondimenti dovranno essere svolti sulla cella del telefono per capire dove si trovasse l’indagato al momento dei fatti.
Un altro maggiorenne finito ai domiciliari è assistito dall’avvocato Fabio Galli. “Il mio assistito all’interrogatorio di garanzia ha risposto alle domande del gip Giulia Masci”, ha spiegato il legale, “e si è dichiarato estraneo ai fatti in quanto non era presente, ma si trovava a casa. La stessa Masci nell’ordinanza di rigetto della revoca della misura ha suggerito indagini sul punto”. Secondo quanto spiegato dal legale, oltre alle dichiarazioni del padre del ragazzo, ci sarebbe un’ulteriore testimonianza di un giovane estraneo a quanto accaduto ma che quel pomeriggio era presente nel piazzale e che avrebbe confermato che l’indagato non era sul posto. L’avvocato Galli ha depositato un’istanza al pm affinché senta il padre e il testimone. “Confido che a breve sia chiarita la posizione del mio assistito revocandogli la misura ed escludendolo dalle indagini”.
Secondo le accuse, il gruppo di assalitori, per motivi legati al predominio territoriale, armati di tubi di ferro e manganelli, avevano brutalmente aggredito due coetanei, ripetutamente colpiti anche a calci e pugni, nonostante fossero già caduti a terra e incapaci di difendersi. Ad una delle due vittime era stato rubato il cellulare. Per entrambi erano state necessarie cure mediche. Uno dei due aveva riportato le ferite più gravi, giudicate guaribili in 30 giorni. Tanta è stata la ferocia dell’assalto, che uno dei ragazzi indiani aveva ancora stampato sul volto il segno della suola di una scarpa.
L’operazione della polizia è stata chiamata “Tiranga”, dal nome della bandiera indiana. Il lavoro degli investigatori si è concentrato anche sui social, dove gli arrestati comunicavano. “Missione fallita, oggi non ci siamo”, avevano scritto, sicuri di averla passata liscia con la polizia. “Sanno che sono stato io, ma non sanno come”, è il testo di un altro messaggio riferito alle indagini. E poi il post su Instagram, “quasi come monito per il futuro”, fa notare il pm Chiara Treballi, “l’imminente pericolo che incombe sui ragazzi di nazionalità indiana con l’esplicito riferimento alla bandiera indiana. Immagini significative che denotano, oltre ad un totale disprezzo delle istituzioni ed un forte senso di impunità, una affatto sopita volontà di perseverare nelle loro condotte violente ai danni dei giovani di origine indiana”.
“Tracotante”, lo ha definito il gip, il maggiorenne finito in carcere. “La tracotanza non si fermava neanche davanti agli operanti di Pg”. Anche in Questura, il ragazzo “ha mantenuto un atteggiamento spavaldo e irriverente, dicendo che avrebbe al più presto risolto ed appianato le problematiche di convivenza con gli antagonisti di nazionalità indiana, usando le maniere forti”.
“L’azione predatoria commessa dal branco”, scrive il giudice nelle 13 pagine di ordinanza “è stata particolarmente violenta, spregiudicata e connotata da possibile matrice razziale, in ragione della scelta delle vittime e considerati gli insulti proferiti. La gravità della condotta, che denota l’assoluta incapacità di trattenere i propri impulsi criminosi e curarsi delle conseguenze delle proprie azioni violente sulla vita e l’incolumità delle persone offese, consente di ritenere che gli stessi possano reiterare le medesime condotte ai danni di malcapitate vittime, mancando totalmente in loro freni inibitori e avendo agito gli stessi con la sicurezza di rimanere impuniti.
Sara Pizzorni