Cronaca

Reddito di Cittadinanza: 600 assegni in
meno dal 2019 nei CPI della Provincia

La revisione del reddito di cittadinanza annunciata dal centrodestra in campagna elettorale, sembra essere sparita dall’agenda delle priorità nazionali. La volontà dichiarata era quella di applicare una stretta sulle erogazioni, in modo da assegnarlo solo alle persone totalmente non idonee al lavoro.

Ma ad oggi non è possibile sapere quanti potrebbero perdere il diritto all’assegno in provincia di Cremona, in quanto non sono ancora chiari i requisiti per cui una persona potrebbe essere ritenuta “abile al lavoro”.

In realtà, rispetto a quando la misura venne varata dal governo giallo verde, si è già ridotta di molto la quota dei percettori di Reddito di Cittadinanza sia a livello nazionale che a Cremona. Nell’Osservatorio nazionale Inps, a settembre 2022 risultano nel nostro territorio 4.513 beneficiari (2.173 sono nuclei familiari) e l’importo medio del contributo è pari a 505,28 euro. Ma per fare un confronto tra passato e presente, è necessario limitarci ai casi gestiti dai quattro Centri per Impiego della Provincia di Cremona, dove attualmente (dati aggiornati al 17 ottobre), sono 1.863 le domande accolte, mentre erano 2.469 a fine 2019, l’anno in cui il RdC vide la luce.

Dunque sono poco meno di 600 persone le persone che in due anni sono uscite dal circuito della tanto controversa misura. Dei beneficiari attuali, il 55% sono donne (1.027) e il 45% uomini (836).  Quanto alle fasce d’età, la maggior parte (32%) rientra nella fascia d’età 18-29 anni, e il 38% sono over 45enni.

 “Il reddito di cittadinanza – commenta Giovanni Gagliardi, vicepresidente della Provincia di Cremona con delega al Lavoro – è una misura nata male, in modo ambiguo. Il RdC nasce con la volontà dichiarata di fare in modo che coloro che sono in cerca di lavoro, nel tempo necessario a trovarlo, abbiano a disposizione un sussidio per la sopravvivenza”. Poi, si è finito per allargare la platea ad altre casistiche ed è qui che è nata la confusione e si sono infilati i furbi.

“Gli abusi di cui si è parlato, se ci sono stati, vanno rimossi. Certamente questa misura deve essere riformata ma è impossibile un annullamento, ne andrebbe di mezzo la pace sociale. Se è vero che ci sono 6 milioni di poveri assoluti e 8.5 milioni di poveri relativi, ossia nuclei famigliari  di 4 persone con meno di 1700 euro al mese, è inimmaginabile toglierlo.

Se ne sarebbe potuto fare a meno, potenziando invece il reddito di inclusione che già esisteva, ma sta di fatto che un aiuto vada dato.

A Cremona abbiamo una situazione non disperata dal punto di vista lavorativo, i Centri per l’Impiego hanno sempre funzionato, anche nella fase in cui non era il centrosinistra ad amministrare la Provincia. Ma nel complesso, sono convinto che una modifica vada fatta e che vadano limitati gli abusi è pacifico”.

Al momento però è difficile capire quali saranno i criteri che determineranno l’esclusione dal RdC. Ad esempio cosa succede su una persona titolare di RdC non è nelle condizioni famigliari di accettare un lavoro che ha sede a centinaia di km di distanza? Per Gagliardi, l’importante è adottare misure specifiche per ciascun tipo di caso, evitando la confusione che c’è stata finora tra aiuti per i disoccupati, per gli anziani, per i fragili, e così via: “Come se  – è la conclusione – in una scatola venissero messe dentro tante cose che non sono paragonabili tra loro. Sotto questa voce si è cercato di rispondere ad esigenze diverse che hanno creato tutta la polemica e anche la differenziazione degli atteggiamenti politici. Una modifica è assolutamente necessaria”. gbiagi

 

 

 

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