Cronaca

Nuove accuse per il foreign fighter
Bougana: sequestro di persona e torture

Nuove accuse per Samir Bougana, 28enne foreign fighter di nazionalità italiana e di origini marocchine, attualmente detenuto nel carcere di Sassari dove sta scontando dal 2020 la pena della reclusione a 4 anni per aver combattuto nelle fila dei miliziani dell’Isis. Ora si sono aggiunte altre accuse, quella di sequestro di persona e lesioni personali, “aggravate dall’avere adoperato sevizie e agito con crudeltà nonché dalla finalità di terrorismo e dell’odio razziale”.

Nato a Gavardo, vissuto a Cremona, a Piadena e infine a Canneto sull’Oglio, Bougana appena 16enne si era trasferito in Germania nella città di Bielefeld dove aveva cominciato a frequentare le moschee degli estremisti islamici. Da qui, nel 2013, a 19 anni, era partito per la Siria per combattere con i miliziani dell’Isis.

L’arresto gli è stato notificato in carcere, attraverso un’ordinanza del gip di Brescia su richiesta della procura.  Nel giugno del 2019 l’uomo era stato prelevato a Kobane (Siria) dove si trovava in stato di cattura da parte delle Unità di protezione popolari curde, da funzionari della Digos di Brescia e della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione in seguito ad una complessa operazione condotta in stretto raccordo con l’Aise, l’Fbi e le autorità siriane. A suo carico, l’accusa di partecipazione ad associazioni con finalità di terrorismo, in quanto, dopo una radicale adesione ideologica alla Jihad islamica iniziata in Italia e completata in Germania, era divenuto un operativo del sedicente Stato Islamico.

Nel luglio del 2020 il tribunale di Brescia lo aveva condannato a 4 anni di reclusione, sentenza poi confermata in Appello.

I successivi approfondimenti investigativi sulla vicenda, condotti anche in ambito di collaborazione internazionale, hanno trovato un punto di svolta nello scambio informativo tra le autorità italiane e tedesche che ha fatto emergere come lo stesso foreign fighter potesse essere stato responsabile anche di torture e sevizie nei confronti di almeno due persone, tra cui un adolescente, che si erano rifiutate di combattere per l’Isis e attualmente rifugiate in Germania.

Decisiva in tal senso è risultata la testimonianza di una delle vittime delle torture, raccolta a Dusseldorf dal pm titolare delle indagini e da funzionari della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e della Digos di Brescia. Nel mostrare le cicatrici delle sevizie subite, il testimone ha infatti raccontato anche di torture perpetrate con scariche elettriche nei confronti di “detenuti” curdi appartenenti alla minoranza Yazidica al fine di costringerli alla conversione all’Islam.

Sara Pizzorni

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