Cronaca

Carcere, altra grana:
detenuto rischia il linciaggio

Altro tentativo di aggressione ad un ispettore

Ennesimo grave episodio all’interno del carcere di Cremona. Questa mattina un detenuto psichiatrico ha rischiato il linciaggio da parte di altri carcerati per essersi reso responsabile di ruberie all’interno di altre celle. L’ ispettore di polizia penitenziaria intervenuto a tutela del detenuto ha subito un tentativo di aggressione con un paio di forbici da parte dello stesso e solo il fulmineo intervento di altri agenti ha evitato il peggio. Ancora una volta il personale di polizia penitenziaria di Cremona è riuscito a ripristinare l’ordine e la sicurezza all’interno della sezione senza particolari conseguenze. “La gestione dei detenuti psichiatrici”, ha però sottolineato Alfonso Greco, segretario regionale per la Lombardia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, “sta diventando sempre più complicata nel carcere di Cremona e non solo. Il Sappe auspica che quanto prima la politica intervenga su questa problematica all’interno delle carceri italiane al fine di evitare conseguenze irreparabili ai danni di tutti gli operatori penitenziari e ancor più al Corpo di Polizia Penitenziaria”.

Sostegno alle proteste del Sappe Lombardia arriva da Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: “Condivido ed anzi sostengo le proteste dei poliziotti penitenziari di Cremona. A questo hanno portato questi anni di iper garantismo nelle carceri, dove ai detenuti è stato praticamente permesso di auto gestirsi con provvedimenti scellerati ‘a pioggia’ come la vigilanza dinamica e il regime aperto, con detenuti fuori dalle celle pressoché tutto il giorno a non fare nulla nei corridoi delle sezioni. E queste sono anche le conseguenze di una politica penitenziaria che invece di punire i detenuti violenti, sia sotto il profilo disciplinare che penale, non assume severi provvedimenti. Ormai picchiare un poliziotto in carcere senza subìre alcuna conseguenza è diventato quasi uno sport nazionale, nella indifferenza della politica e dei vertici dell’amministrazione Penitenziaria”.

“Il personale di Polizia Penitenziaria si sente abbandonato a se stesso e non ha ancora ricevuto i previsti guanti anti-taglio, caschi, scudi, kit antisommossa e sfollagenti promessi dal Capo del Dap Renoldi”, denuncia Capece. “La situazione delle carceri della Lombardia e italiane, per adulti e minori, è sempre più allarmante per il continuo ripetersi di gravi episodi critici e violenti che vedono sempre più coinvolti gli uomini e le donne appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. Donne e uomini che svolgono servizio nelle sezioni detentive senza alcuno strumento utile a garantire la loro incolumità fisica dalle continue aggressioni dei detenuti più violenti. Il taser potrebbe essere lo strumento utile per eccellenza (anche perché di ogni detenuto è possibile sapere le condizioni fisiche e mediche prima di poter usare la pistola ad impulsi elettrici), ma i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria fanno solo chiacchiere e la Polizia Penitenziaria continua a restarne sprovvista. Servono con urgenza provvedimenti. E la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere, prevedendo la riapertura degli ospedali psichiatrici giudiziari”.

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