Pomodoro da industria, nel 2022
una campagna con buoni risultati
Una nota dell'Organizzazione interprofessionale Pomodoro da industria Nord Italia evidenzia indicatori positivi sia sotto il profilo quantitativo che dal punto di vista qualitativo
Nel mese di ottobre si è chiusa ufficialmente la campagna del pomodoro da industria del nord Italia. A tracciare il bilancio della stagione 2022 è una nota dell’Organizzazione interprofessionale Pomodoro da industria Nord Italia.
Qualche dato per riassumerne i termini essenziali. La superficie coltivata è stata pari a 37.024 ettari. Di questi, l’11% con tecniche di produzione biologica, mentre il restante 89% osservando i disciplinari regionali di produzione integrata. Sono state trasformate 2.890.000 tonnellate di materia prima. Buone le produzioni unitarie con una resa totale di 77,9 t/ha superiore alle medie quinquennale di 73,1 t/ha, confermando un trend generale di miglioramento nelle rese pluriennali. La media produttiva è stata molto buona considerando che comprende quelle del biologico e del pomodoro datterino. Poche anche le patologie riscontrate, consentendo una produzione di buona qualità, caratterizzata da un grado brix di 4,84, anche questo leggermente superiore, uno scarto di 4,66%, valore migliore della media storica e un buon risultato in colore.
Come si può vedere dai dati riassuntivi esposti, la campagna 2022 può essere considerata soddisfacente, sia per gli aspetti quantitativi che qualitativi, anche in considerazione del difficile andamento meteo climatico di questa annata siccitosa e molto calda. Siccità che ha minacciato fortemente la produzione, ma che grazie all’impegno e alla professionalità degli agricoltori, anche nella gestione della risorsa idrica, ha consentito di portare a termine una stagione che avrebbe potuto essere molto più complicata. La soddisfazione è anche legata al raggiungimento degli obiettivi che la parte agricola e la parte industriale si erano prefissati, arrivando con le consegne a circa il 94% della materia prima contrattata in primavera. Circa il prezzo, la media spuntata è stata di 10,45 euro al Nord che può essere considerato un risultato discreto.
Da sottolineare la competenza e professionalità degli agricoltori che sono andate aumentando nel corso del tempo, in un periodo difficile anche per il forte rincaro di alcuni mezzi di produzione; peraltro, si è assistito anche all’abbandono produttivo da parte di aziende meno competitive e più marginali.
Ma i produttori sono già orientati al futuro. Occorre guardare avanti, alla campagna 2023 a causa degli aumenti spaventosi dei costi di produzione. Tra questi anche gli investimenti diretti ed indiretti riguardanti la innovazione tecnologica e la meccanizzazione che, grazie anche alle iniziative introdotte con il progetto Agricoltura 4.0, hanno avuto una accelerazione notevole. Il settore, secondo il Crea, ha avuto un incremento del 190% degli investimenti. E ora gli ammortamenti e le rate di questi investimenti potrebbero mettere a rischio il futuro del settore. C’è poi, più in generale, un problema di costi di esercizio. In primavera, ad inizio campagna, era stato stimato un costo medio aziendale per ettaro di 7.500 euro. Valutazione che è stata ampiamente superata dai fatti e su cui bisogna riflettere per il futuro.
Per farvi fronte è importante un approccio unitario delle organizzazioni dei produttori, ma anche la pianificazione produttiva ed il rispetto degli impegni che verranno presi in termini di produzioni e superficie investite. Così come sarà necessario essere attenti ai rapporti con l’industria e alle nuove tendenze dei consumatori. Ora i produttori si aspettano un tempestivo avvio della fase contrattuale a valere per la prossima campagna.