Cronaca

Truffe online, riciclaggio e frode
fiscale: in aula il "sistema-Melega"

E’ ripreso oggi il processo a carico dell’imprenditore cremonese Marco Melega, 50 anni, residente a Padenghe sul Garda, coinvolto insieme ad altre persone nell’operazione della guardia di finanza di Cremona chiamata “Doppio click”. L’imputato deve rispondere delle accuse di associazione a delinquere finalizzata alle truffe online, frode fiscale e riciclaggio. Davanti ai giudici, i due finanzieri titolari della maxi indagine che ha riguardato Melega e altre 14 persone, la maggior parte delle quali ha già patteggiato, hanno risposto al controesame degli avvocati della difesa.

Secondo quanto contestato, il sodalizio criminale radicato a Cremona con a capo Melega, avvalendosi di diversi prestanome e società “cartiere”, aveva messo in piedi un meccanismo finalizzato a riciclare a proprio vantaggio il denaro illecitamente accumulato attraverso le truffe online. Le fasi prevedevano la costituzione di società intestate a prestanomi, pubblicizzate su emittenti televisive e radiofoniche di rilievo nazionale e che vendevano attraverso siti di e-commerce prodotti di vario genere, come vini pregiati, buoni carburante, prodotti elettronici, a prezzi più che concorrenziali.

Le vendite erano riservate a titolari di partita Iva e prevedevano un acquisto minimo non inferiore a mille euro, la metà del quale doveva essere versato tramite bonifico al momento dell’ordine, e la restante parte al momento della spedizione. In realtà le società non erano in possesso di alcun prodotto destinato alla vendita, e quindi nulla era mai stato inviato, nonostante le reiterate lamentele e querele per truffa presentate dai clienti. Dopo qualche tempo le società titolari dei siti di e-commerce erano messe in liquidazione.

Secondo quanto accertato dalla finanza, le somme di denaro ricevute sui conti correnti delle società utilizzate per le truffe erano trasferite ad altre società, simulando il pagamento di operazioni in realtà mai effettuate e quindi successivamente monetizzate attraverso altri trasferimenti, oppure sotto forma di stipendi, pagamenti di consulenze, anticipazioni di utili.

Per gli inquirenti, Melega, imprenditore nel settore dell’advertising, era il “dominus” e l’effettivo beneficiario di gran parte dei proventi di denaro ottenuti attraverso le truffe e le frodi fiscali. “Tutti i flussi finanziari”, hanno spiegato oggi i finanzieri, “confluivano verso Melega che usava quelle somme per spese personali, come la retta dei figli, il noleggio del posto barca sul lago e spese extra”. Per l’accusa, “l’uomo di fiducia” era invece Cristiano Visigalli, arrestato insieme a Melega il 16 luglio del 2019. Era lui a realizzare materialmente tutte le operazioni finalizzate alla truffa, come ad esempio la sottoscrizione di contratti fasulli del ramo di azienda pubblicitario, colui che identificava e reclutava i diversi prestanome, che operava sui conti correnti delle società destinatarie del denaro ottenuto tramite i raggiri e che poi girocontava in favore di altre imprese, come la Domac S.r.l. prima, e la Consulting S.r.l. poi, affinchè venossero ‘ripuliti’ prima che gli stessi fuoriuscissero in favore degli effettivi beneficiari. Visigalli ha già patteggiato la pena. Sentito a suo tempo dagli inquirenti, si era assunto le sue responsabilità, sostenendo però che il “capo” dell’intera organizzazione era Melega e che senza il suo benestare non si muoveva un euro.

L’indagine della finanza era partita dalla prima querela presentata da un cliente imbrogliato nell’ottobre del 2017. “Ma prima Melega cosa faceva?”, ha chiesto l’avvocato Luca Angeleri, difensore dell’imprenditore. “Quando vi siete accorti che era un cattivo ragazzo?”. “Fino al 2015-2016”, ha risposto il luogotenente delle Fiamme Gialle, “la Consulting ha svolto delle attività, qualcosina faceva, piccole operazioni, poca roba”.

Nei confronti di Melega e delle altre persone coinvolte era stato effettuato un sequestro di beni per oltre 72 milioni di euro, tra Italia, Belgio, Germania, Bulgaria e Svezia. Yacht, auto da corsa, case, terreni e gioielli, il tesoro accumulato dall’imprenditore cremonese, acquistato con i proventi di truffe, evasione fiscale e riciclaggio.

Si torna in aula giovedì 20 ottobre con l’esame dei curatori fallimentari.

Sara Pizzorni

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