Cronaca

Totem della discordia, il progettista
spiega il senso del progetto

FOTO SESSA

I “totem della discordia”, così li ha chiamati il progettista, l’architetto cremonese Stefano Corbari, intervenuto questo pomeriggio all’Adafa di via Palestro per spiegare il senso delle installazioni metalliche realizzate nelle quattro porte d’accesso alla città, che hanno suscitato tanto clamore e pareri discordanti, soprattutto sui social. Corbari è stato il coordinatore di un gruppo di architetti che hanno contribuito alla stesura del progetto di abbellimento del centro cittadino voluto dall’amministrazione comunale.

L’architetto cremonese ha ripercorso le origini dell’incarico a lui affidatogli tramite un bando risalente a un anno fa e si è mostrato stupito del fatto che tanto clamore sia arrivato soltanto adesso, quando era da tempo che i media avevano diffuso le simulazioni (leggi qui, ad esempio:

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“Evidentemente – ha aggiunto il professionista – non tutti erano a conoscenza di quello che si stava progettando”. E’ poi passato a spiegare l’obiettivo dell’operazione: “Il bando riguardava la riqualificazione dei percorsi e degli ambiti storici, valorizzando il percorso di avvicinamento al centro cittadino, le vie del centro e dello shopping, le gallerie, con un budget risicato, rispetto all’estensione dell’ambito.

“Era impensabile ragionare i termini di arredo urbano diffuso. Allora abbiamo cercato di trovare pochi oggetti che fossero simbolici della storia della città e che risvegliassero un senso di appartenenza collettivo”.

Il pubblico all’Adafa

 

“Cremona – aggiunto –  ha una storia veramente molto importante per le dimensioni della città e così siamo partiti dall’elemento-simbolo di questa storicità, il Torrazzo. Abbiamo pensato di replicarne l’immagine e il pensiero, non si voleva certamente mancare di rispetto all’oggetto principale né simularne dimensione e fattezze. Si voleva realizzare soltanto dei simboli che ricordassero l’elemento principale e si è pensato di posarli  alle porte della città, in modo che accogliessero i visitatori con il nome “popolare” della piazza, non il toponimo.

La scelta del minuscolo è stata una scelta estetica, non doveva essere né un cartello stradale, né un trattato letterario. Si è pensato che esteticamente funzionasse meglio usare tutte le lettere minuscole, senza per questo mancare di rispetto a nessuno, tanto meno al nostro caro Po”. 

I colori, diversi per ciascuna piazza, sono stati desunti da quelli che connotavano le porte antiche di accesso alla città, gli stessi colori che caratterizzavano i gonfaloni delle porte antiche, dipinti sullo scalone che conduce al primo piano di palazzo Comunale.

“Con questo stesso segno cromatico pensiamo – nel prosieguo del progetto – di accompagnare i visitatori attraverso i percorsi che dalle quattro piazze conducono fino al centro città, aggiungendo inoltre via Palestro. Il progetto vedrà anche una minima riqualificazione delle gallerie del centro, limitate per questioni economiche”.

Insomma, l’obiettivo “è risvegliare l’attenzione sulla città antica. Purtroppo i risultati sono andati in direzione contraria, ma quella era l’intenzione”. s.bacchetta – g.biagi

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