Ambiente

Aria inquinata, Cattaneo:
"Impossibile rispettare limiti Oms"

Si è parlato soprattutto del peso del comparto agro-zootecnico sull’inquinamento dell’aria nel bacino padano, nella prima parte del convegno in corso da questa mattina in Fiera. Un’iniziativa del Comune di Cremona, città tristemente balzata agli onori delle cronache per essere insieme a Padova, la città con la peggiore aria d’Europa insieme alla polacca Nowy Sącz, secondo le stringenti linee guida dell’Oms, che raccomandano per l’esposizione a lungo termine ai PM2,5 un limite di 5 microgrammi per metro cubo (fonte: Agenzia europea per l’ambiente).

Un convegno iniziato con il quadro generale tracciato dal sindaco Gianluca Galimberti e subito seguito dal contributo di Arpa Lombardia, con il funzionario Guido Lanzani che grafici alla mano ha evidenziato le diverse sorgenti di emissione nel bacino padano: se si guarda al solo Pm10 primario, il 56% viene dalla combustione in ambito residenziale e terziario e il 19% dal trasporto su strada, che è responsabile anche del 48% degli ossidi di azoto. E’ agricoltura invece a rappresentare la quasi totalità delle emissioni di ammoniaca, il 97%, e proprio su questo comparto produttivo si sono concentrati gli interventi specialistici successivi.

“Non che il contributo dell’industria sia assente”, ha detto tra l’altro Lanzani, commentando – per quanto riguarda l’ossido di azoto, il 7% proveniente da impianti di produzione energetica e raffinerie, il 15% dalle combustioni industriali e un altro 3% da processi produttivi.

Per ridurre le concentrazioni di polveri sottili, ozono e biossido d’azoto è quindi necessario ridurre non solo le emissioni primarie ma anche quelle dei precursori di questi inquinanti, ossia ossidi di azoto, composti organici volatili e ammoniaca.

Un focus specifico sulle emissioni di fonte zootecnica per quanto riguarda gli inquinanti secondari, è venuto dalla rappresentante del Centro Euro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici Lara A. Reis. “Inhale – impatto sulla salute umana dell’allevamento” il titolo, per uno studio che oltre a valutare l’impatto dell’agricoltura sulla salute, ha come obiettivo la produzione di un algoritmo a supporto delle attività agricole per determinare finestre di spandimento ottimali. Tra le altre cose emerge come l’impatto degli allevamenti intensivi bovini sia molto più pesante di quello dei suini: 0,288 microgrammi al metro cubo ogni 1000 bovini, contro 0,04 microgrammi per 1000 suini.

Gianni Ferretti del Politecnico di Milano ha aggiornato sulle linee di ricerca nel campo dell’innovazione agro zootecnica, e ha dato i primi risultati degli studi in corso sull’utilizzo delle microalghe per la produzione energetica.

 

CATTANEO: IMPOSSIBILE RISPETTARE I LIMITI DELL’ OMS  – La tavola rotonda successiva, moderata dal professore dell’Università Cattolica Lorenzo Morelli  è iniziata con l’intervento di Raffaele Cattaneo, assessore Regionale all’Ambiente. “In questi anni abbiamo anche imparato come porre un freno all’inquinamento, dall’abbandono dei combustibili più inquinanti, ai blocchi del traffico. Ma c’è un paradosso: se dovessimo chiedere a chi passa per lo strada se c’è più o meno inquinamento di prima, la risposta sarebbe che è sempre peggio. Invece  l’evidenza scientifica dice il contrario, l’aria va sempre meglio. Ci siamo resi conto della gravità di questo tema paradossalmente quando abbiamo cominciato a risolverlo”.

Ha poi affrontato il nodo dei trasporti: “Non vogliamo imporre una logica sovietica”, nell’imposizione ad esempio del trasporto ferroviario: “Ci sono 16 milioni di spostamenti al giorno in Lombardia, pensare che l’80% possa andare sul treno non mi sembra possibile a meno che non lo si imponga, ma questo non mi sembra che sia nella cultura né mia né di chi governa la Lombardia. Dobbiamo invece creare le condizioni perchè ciascuno scelga liberamente forme diverse. certo, se i treni se funzionassero meglio probabilmente qualcuno in più li prenderebbe”.

“L’agricoltura è una delle cause di inquinamento”, ha poi detto tornando sul tema della tavola rotonda,  “soprattutto come principale produttore d’ammoniaca, proveniente essenzialmente da spandimento dei reflui: se vengono messi sulla superficie il 90% se ne va in atmosfera nelle prime 12 ore; se vengono interrati in vasche coperte, il contributo dell’agricoltura può essere fortemente ridotto.  Dobbiamo diventare consapevoli che queste cose vanno fatte”.

Doccia fredda infine, sulla possibilità che la Lombardia possa rispettare i limiti che verranno imposti dalla nuova direttiva UE che recepisce i limiti dell’Oms: “Noi stiamo rientrando all’interno dei parametri attualmente in vigore, lo faremo entro i prossimi due, tre anni. Ma abbiamo fatto delle simulazioni, anche riducendo le emissioni primarie del 50 – 80% noi non potremmo rientrare in nessun caso nei nuovi limiti. Neanche se delocalizzassimo tutte le attività produttive della pianura padana. In una logica di equilibrio, quello non può essere un limite ragionevole. Le emissioni pro capite di polveri sottili e ossidi in Lombardia sono già tra la metà e un terzo della media italiana e d’Europa. Abbiamo già fatto tutto quello che dovevamo fare. Peccato che abbiamo le peggiori condizioni di tutta Europa per l’accumulo di inquinanti sul suolo: bassa circolazione dei venti, inversione termica, Alpi che ci chiudono su tre lati. Abbiamo fattori strutturali che non ci permettono di essere al pari degli altri, se fossimo in un luogo qualsiasi della Germania saremmo già pronti ai nuovi limiti emissivi. Ma oggi persino nella stazione a 1500 m del  monte Bianco il livello base di Pm10 è 8 mentre il livello posto dall’Oms è 5”.

In conclusione: “Ognuno deve dare il suo contributo. L’agricoltura deve continuare ad investire su questo, con il pragmatismo lombardo che ci ha sempre caratterizzato”.

Un netto cambio di passo è stato invece sollecitato dal responsabile regionale di Legambiente, Damiano Di Simine: sbagliato continuare con gli allevamenti intensivi  e con l’utilizzo di suolo agricolo per produrre trinciato per le centrali a biomasse, occorre puntare sulle produzioni di qualità che minimizzano l’impianto su un territorio già ipersfruttato. Occorre insomma fare scelte politiche che abbiano come priorità la salute, come è stato fatto per il Covid. 

Giuliana Biagi

 

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