Aumento costi dell’energia: il grido
d’allarme delle case di riposo
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Il vertiginoso aumento del costo dell’energia è oggi più che mai un argomento complesso e controverso che rischia di segnare in maniera irreparabile numerose realtà italiane e non solo. A far le spese del caro bollette non sono solamente i cittadini comuni, ma anche le imprese e i negozianti, e ancor più in difficoltà ci sono quelle imprese che forniscono servizi essenziali. Tra loro le case di riposo, che hanno visto quadruplicare la spesa di ogni singola bolletta: un ammontare di denaro che vedrebbe le rsa costrette ad aumentare in maniera significativa il contributo della retta richiesto agli ospiti.
La situazione è davvero tesa. Si rischia l’implosione di un sistema che tutela la salute degli anziani e dei disabili. E le ricadute potrebbero travolgere l’intera società. Non si tratta di una visione apocalittica, ma dell’allarme lanciato dalle associazioni di categoria che uniscono le rsa del territorio di Cremona e quelle dislocate in Lombardia. L’occasione è stata la conferenza stampa che nel pomeriggio di venerdì 23 settembre si è tenuto presso la sala riunioni della fondazione Opera Pia Ss. Redentore di Castelverde. Al tavolo dei relatori il presidente di A.R.Sa.C. (l’associazione delle residenze assistenziali per anziani della provincia di Cremona) Giovanni Scotti, il presidente di A.R.L.E.A. (associazione di livello regionale che rappresenta e tutela gli erogatori socio sanitari) Walter Montini e Augusto Farina, vicepresidente di A.R.Sa.C. e consigliere U.N.E.B.A. Cremona (organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo). Ha moderato l’incontro don Claudio Rasoli, responsabile comunicazione A.R.Sa.C. e presidente della Fondazione di Castelverde.
A mettere in guardia sulle conseguenze del caro bollette l’intervento di Giovanni Scotti: «Se non ci sarà una risposta concreta e reale le strutture saranno costrette a metter mano sulle rette degli ospiti già nel 2022». Perché «una bolletta è arrivata a costare 80.000 euro, a fronte dei 20.000 che era fino a poco tempo fa». Un rincaro che finirà sulle spalle degli ospiti e delle loro famiglie, con l’ipotesi di un aumento di «10 euro giornalieri sulle rette, arrivando dunque a 300 euro mensili da aggiungere a quelli attuali: una spesa che comprometterebbe molte famiglie».
Per questo nei giorni scorsi un vero e proprio grido di aiuto le sigle di rappresentanza delle case di riposo del territorio lo hanno rivolto alla Regione, attraverso una lettera destinata al governatore della Lombardia Attilio Fontana e all’assessore al Welfare Letizia Moratti. La missiva contiene la richiesta di un incontro urgente per «approfondire l’attuale situazione e condividere insieme le decisioni nelle tempistiche più appropriate». A firmare congiuntamente la lettera, insieme a Giovanni Scotti, don Roberto Rota, presidente U.N.E.B.A. di Cremona.
Ma gli aiuti regionali e governativi pare non promettano nulla di buono. Lo stanziamento di 39 milioni di euro previsto dalla Lombardia dal 1° aprile e deliberato in Giunta nei giorni scorsi non riguarda, infatti, tanto il problema energia, ma le unità di offerta operativa delle rsa. Cifra comunque irrisoria in quanto, suddivisa tra le varie rsa, si tradurrebbe in una riduzione di 1,50 euro sul rincaro giornaliero di 10 «decisamente una misura insufficiente per il problema che stiamo affrontando», ha affermato Farina.
E il contributo del Governo sull’energia, ancora non ripartito a livello regionale, non si prevede possa davvero alleviare il problema. Il tutto facendo i conti con «una legislazione obsoleta e da rivedere» che, come ha sottolineato Montini, complica ulteriormente le cose in un periodo di così drastici cambiamenti.
Con amarezza Augusto Farina rivela che «alcune strutture più piccole nelle montagne della provincia di Brescia hanno già dovuto chiudere, e gruppi privati le hanno acquisite, allontanandole dalla cura per il territorio che le distingueva nel loro rapporto con gli ospiti».
Una situazione che riguarda sul territorio migliaia di persone: sono 5mila i posti letto nelle 29 rsa della provincia, in cui lavorano 9mila persone. Ma il calcolo non include anche le famiglie degli utenti e tutti i fornitori e le attività che ruotano attorno al settore.
La conferenza stampa si è conclusa con un appello finale di don Claudio, che ha chiesto una forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto al reale rischio di chiusura di numerose rsa, con l’inevitabile ripercussione sulla vita di numerose persone e delle loro famiglie.
(www.diocesidicremona.it)