Bacheche spoglie: la politica
snobba i manifesti elettorali
Una campagna elettorale anomala, iniziata nel colmo dell’estate e che nell’ultima settimana prima del voto del 25 settembre raggiungerà i toni più accesi. E che sembra del tutto ignorare una delle modalità di comunicazione più tradizionali, quella attraverso i manifesti affissi alle bacheche, rispolverate dai magazzini ad ogni tornata elettorale. Quest’anno sono rimaste quasi del tutto spoglie, a giudicare da quello che si vede lungo viale Po, all’altezza dell’Arena Frazzi, o in via XX Settembre, o sui muri del Vecchio Passeggio in viale Trento e Trieste, o ancora al quartiere Cambonino. Tanti i motivi di questa disaffezione, in cima alla lista c’è lo strapotere della comunicazione “personalizzata” attraverso le piattaforme social.
“Una ragione – ci spiega Claudio Rebessi, responsabile di tante iniziative del Pd cremonese – sta nel fatto che sono tantissime le forze politiche minori, che non hanno materialmente la forza, intesa come persone volontarie, per affiggere i manifesti. Per quanto riguarda noi, i nostri candidati stanno lavorando parecchio sul territorio, girando per mercati e banchetti, in maniera sempre più intensa da una quindicina di giorni. Devo dire che nella precedente campagna elettorale non era stato così, i candidati si erano mossi pochissimo”. Volendo vedere, calcare marciapiedi e piazze è un ritorno al passato: “E’ vero, e d’altronde se si tratta di candidati legati a un territorio, come nel caso di Cottarelli, è ovvio che si sfrutti questa loro vicinanza alla gente.
“Le bacheche lungo le vie si potrebbero davvero eliminare, sostituite magari da spot registrati dai diversi candidati che, in maniera paritaria, potrebbero essere diffusi in varie postazioni delle città, nelle zone più frequentate, così come nei paesi della provincia. Magari invece le bacheche possono funzionare per le elezioni amministrative: ho visto che per i sindaci i manifesti sono stati molto più usati”.
“La campagna elettorale segue i tempi”, sostiene Giuseppe Foderaro responsabile locale di Azione (Terzo Polo con Italia Viva). “Oggi si usano di più i social, le chat, i contatti, le reti digitali e anche la ormai ‘vecchia’ email. La parte che forse ha meno appeal, ma che non sarebbe meno importante, è quella dei manifesti e dei volantini, una modalità di comunicazione che fa parte della nostra storia anche se oggi è un po’ meno apprezzata. Come Azione le abbiamo utilizzate entrambe, lavorando sia sui social che con le affissioni, che sono state disposte come minimo nei centri con almeno 15mila abitanti”.
E anche per l’esponente di Azione “c’è un problema di mancanza di disponibilità di tempo e di risorse umane da parte dei partiti, un tempo avevano strutture molto più robuste di oggi. Fare una campagna capillare di affissioni è complesso e d’altra parte i social media compensano le cose”.
Contrario a una campagna elettorale che sfrutta i personaggi pubblici legati al mondo dei digital media, è Fabio Grassani, responsabile per la federazione cremonese della Lega, che mostra una certa nostalgia per la tradizione: “La campagna elettorale si è decisamente modificata con l’arrivo dei social media, lo vediamo anche attraverso i leader politici. Alle piazze reali si sono aggiunte le piazze virtuali dei social network. Un panorama quest’ultimo che si è molto ampliato e che dà la possibilità di rivolgersi a particolari target di persone a seconda delle caratteristiche degli elettori che si vogliono intercettare.
“Come Lega abbiamo sempre considerato i manifesti un mezzo importante per veicolare i nostri messaggi e continuano ad esserlo anche oggi. Lo dimostra anche la quantità di manifesti che stiamo distribuendo sul territorio provinciale, cercando di non trascurare anche i piccoli paesi. Personalmente comincio ad essere anche un po’ stanco della strumentalizzazione che viene fatta sui social di qualunque cosa dicano i grandi influencer o gli opinionisti. Credo che dovremmo in futuro dare meno peso a questo tipo di campagna elettorale e privilegiare il contatto diretto con le persone”.
Poche affissioni e con manifesti – quei pochi – quasi sempre imbrattati o strappati: forse è anche per questo che i partiti stanno snobbando le bacheche stradali? “C’è chi lo fa per antipatia – commenta ancora l’esponente leghista – ma temo che sia il sintomo di un clima che è cambiato, un clima diffuso di indifferenza nei confronti della politica, considerata non adeguata a risolvere i problemi. Chi verrà eletto, dal 26 settembre dovrà tenere conto di questo.
Le bacheche vanno tenute, è una testimonianza diretta che in questo paese c’è ancora democrazia”. gbiagi