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Inflazione 2022, Fmi rialza le stime al 6,6%

(Adnkronos) –
Il Fondo Monetario rialza le stime del 2022 per l’inflazione globale. Il motivo? “A causa dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, nonché dei persistenti squilibri tra domanda e offerta” scrive nell’aggiornamento del World Economic Outlook. L’Fmi prevede che quest’anno la crescita dei prezzi raggiunga il 6,6% nelle economie avanzate e il 9,5% nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo. Si tratta di una revisione al rialzo rispettivamente di 0,9 e 0,8 punti rispetto alle previsioni di aprile scorso.  

Alla luce di un “aumento dei prezzi che continua a ridurre il tenore di vita in tutto il mondo, domare l’inflazione dovrebbe essere la prima priorità” per i politici, indica il Fondo: anche perché se “politiche monetarie più restrittive avranno inevitabilmente costi economici reali, il ritardo non farà che aggravarli”. 

LE STIME DEL PIL – Dopo il rimbalzo del 2021, con una crescita globale del 6,1%, quest’anno la ripresa potrebbe essere ‘solo’ del 3,2% alla luce degli choc che “hanno colpito un’economia mondiale già indebolita dalla pandemia”, da una inflazione superiore alle attese al conseguente irrigidimento delle politiche monetarie, dal rallentamento della Cina (causa lockdown) alla guerra in Ucraina. Uno scenario che non dovrebbe migliorare significativamente nel 2023 quando – scrive il Fondo – la crescita globale dovrebbe essere solo del 2,9% (-0,7 punti sulle precedenti stime). Ma – nel fornire le nuove stime – il Fondo ammonisce che “i rischi per le prospettive sono fortemente orientati al ribasso” per le molte incognite che gravano sullo scenario: dal possibile stop delle importazioni europee di gas dalla Russia a un mancato calo dell’inflazione , da una crisi del debito nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo a nuovi focolai e lockdown legati al Covid-19. Uno scenario alternativo definito “plausibile” che taglierebbe ulteriormente la crescita globale a circa il 2,6% quest’anno e al 2,0% nel 2023, fra i valori più bassi registrati dal 1970. 

USA E CINA – L’economia globale deve fare i conti con prospettive “cupe”. L’Fmi ha tagliato le stime di crescita mondiale sia per quest’anno che per il 2023 e “ciò – si spiega – riflette lo stallo della crescita nelle tre maggiori economie mondiali – Stati Uniti, Cina e zona euro – con importanti conseguenze per le prospettive globali”. Negli Stati Uniti, il ridotto potere d’acquisto delle famiglie e l’inasprimento della politica monetaria faranno scendere la crescita al 2,3 per cento quest’anno e all’1 per cento l’anno prossimo. In Cina, ulteriori lockdown e l’aggravarsi della crisi immobiliare hanno portato la crescita per quest’anno al 3,3%, un andamento peggiore delle previsioni. E nell’area dell’euro, la crescita è stata rivista al 2,6% quest’anno e all’1,2% nel 2023, per le ricadute della guerra in Ucraina e una politica monetaria più restrittiva da parte della Bce. 

 

 

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