Cronaca

Vaiolo delle scimmie, 5
i casi in Ats Val Padana

Cinque casi di vaiolo delle scimmie registrati in Ats Val Padana, di cui due in provincia di Cremona: questo il bilancio della situazione, dopo il primo caso segnalato, lo scorso maggio, in provincia di Mantova. Dei due soggetti contagiati nel territorio Cremonese, uno risulta già guarito e l’altro in fase di guarigione, ma nessuno ha necessitato di ricovero ospedaliero.

I numeri, d’altro canto, indicano la Lombardia come il luogo in cui il virus è più diffuso: su 407 casi accertati a livello nazionale, 191 si concentrano nella nostra regione. 121 avevano fatto viaggi all’estero. L’incidenza maggiore è soprattutto in pazienti maschi (i malati sono 405 uomini e 2 donne), tra i 30 e i 40 anni (età media di 37 anni).

L’Ats della Val Padana sta monitorando attentamente l’evolversi della situazione. “La trasmissione avviene principalmente per contatto con le lesioni, sebbene si possa avere anche una trasmissione respiratoria, anche se non così contagiosa (si parla di un contatto di oltre 3 ore a meno di 2 metri di distanza)” spiega il dottor Luigi Vezzosi, dirigente medico dell’Uos Prevenzione Malattie Infettive dell’Ats ValPadana. “Inoltre secondo alcuni studi il virus oltre a essere nelle lesioni cutanee si può trovare anche nella saliva, nelle feci, nell’urina e nel liquido seminale, ma questo tipo di trasmissione non è certificata”.

Per il momento, comunque, la malattia non sta presentando particolari problemi. “Attualmente il decorso è benigno” spiega ancora il medico. “Non vi è quasi mai stata necessità di ricovero ospedaliero”. I sintomi sono abbastanza tipici: “L’infezione si manifesta inizialmente con febbre, cefalea, lombalgia, dolori muscolari, stanchezza e rigonfiamento dei linfonodi” sottolinea Vezzosi. “E’ una fase prodromica che dura 4-5 giorni, poi compaiono le lesioni, che evolvono in vescicole e croste”.

Naturalmente per ogni soggetto potenzialmente infetto c’è una procedura ben definita. “Quando viene segnalato un sospetto clinico bisogna fare poi un’analisi molecolare per la conferma o smentita della presenza di questo virus”. Analisi che in Lombardia vengono realizzate in due laboratori: il San Matteo di Pavia e l’Ospedale Sacco di Milano. In Val Padana finora sono stati 15 i pazienti testati, ma solo 5 quelli risultati positivi.

“Quando si conferma la positività, l’infetto deve osservare l’isolamento domiciliare” continua il medico. “I suoi contatti devono automonitorarsi, ma non sono sottoposti a quarantena. Sono però invitati a fare accertamenti in caso compaiano i sintomi. Una volta ricevuta conferma si informa il diretto interessato”.

Dal punto di vista della cura, esiste un farmaco specifico, Tecovirimat, che può essere utilizzato in alcuni casi, “ma non sempre questa patologia richiede l’utilizzo di antivirali. E comunque è sempre meglio ricorrere alla consulenza di un infettivologo, che sarà anche coloi che dovrà attestare la guarigione del paziente”.

Per questa patologia, in ogni caso, esiste un sistema di prevenzione.”Il vaccino contro il vaiolo era stato interrotto nel 1981, perché la malattia era stata dichiarata estinta” spiega Vezzosi. “Chi l’ha fatto ha una protezione valida anche per il vaiolo delle scimmie. Se il soggetto è giovane non è stato vaccinato, ma recentemente è uscito un decreto del ministero della Salute, in cui si evidenzia la disponibilità di un nuovo vaccino più mirato contro questo tipo di vaiolo.

Verrà distribuito nei vari territori ma siamo in attesa di una circolare ministeriale per capire a chi somministrare il vaccino e in quale modalità. Probabilmente sarà rivolto ai soggetti più a rischio e agli operatori sanitari più direttamente a contatto col virus” conclude Vezzosi.

LaBos

 

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