Cronaca

Processo Mosca: per l'ex primario
il pm chiede una pena di 24 anni

Sono in corso da stamattina a Brescia le conclusioni del processo contro Carlo Mosca, 49 anni, originario di Persico Dosimo, l’ex primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari accusato di omicidio volontario plurimo per aver iniettato Succinilcolina e Propofol a tre pazienti affetti da Covid nelle primissime fasi dell’emergenza pandemica. Farmaci incompatibili in assenza di intubazione, e letali in quanto inducono il blocco dei muscoli e l’arresto respiratorio.

Davanti alla Corte d’Assise presieduta dal magistrato Roberto Spanò, il pm Federica Ceschi, al termine della sua requisitoria durata tre ore, ha chiesto per l’imputato la pena di 24 anni per due dei tre decessi contestati, quelli di Natale Bassi, 61enne di Ghedi, e di Angelo Paletti, 79enne di Calvisano. Mentre per Ernesto Nicolosi, 87enne di Carpenedolo, ha chiesto l’assoluzione. “Pur rimanendo un decesso sospetto”, ha sostenuto l’accusa, “va riconosciuto che non ci sono sufficienti elementi per una richiesta di condanna”.

Il pm Ceschi

A denunciare il primario Mosca, il 23 aprile del 2020, era stato l’infermiere Michele Rigo, che il 18 marzo aveva risposto ad una telefonata dell’imputato che gli avrebbe chiesto di somministrare ad un paziente due fiale di Succinilcolina. “Sono rimasto stupito”, aveva raccontato l’infermiere, “perchè questo paziente non doveva essere intubato”. “Con Rigo non si è mai parlato di Succinilcolina”, aveva chiarito Mosca. “Io avevo dato delle disposizioni per somministrare morfina”.
“Singolare”, ha detto il pm a questo proposito, “che Rigo possa aver frainteso il nome di un farmaco”.

Di quella telefonata con Mosca, Rigo aveva parlato con alcuni colleghi, tra cui Massimo Bonettini, e da lì era partito un tam tam di messaggi e telefonate ed era partita “l’indagine interna” dei due infermieri che aveva poi inguaiato l’allora primario.

“Testi genuini”, Rigo e Bonettini, per il pm Ceschi. “Non hanno mai cambiato versione, nonostante Bonettini potesse essere apparso in aula come un teste insicuro. In questa vicenda i due infermieri non avevano un interesse personale, perché, dunque, avrebbero dovuto mentire e chiamare in causa i loro colleghi, sapendo che un domani sarebbero stati smentiti?”. Nella sua requisitoria, l’accusa ha puntato sulla credibilità dei suoi testi, in particolare di Rigo, “l’unica persona”, ha sostenuto il pm, “che ha deciso di esporsi senza aver nulla da guadagnare nel denunciare il suo primario”.

Diversamente, il pm ha definito “falsi e bugiardi” alcuni degli altri suoi testi: medici e infermieri che, sentiti a processo, hanno smentito i due colleghi, non riportando, a detta del pm, le stesse dichiarazioni che avevano riferito agli inquirenti durante la fase delle indagini. “Medici e infermieri”, ha detto il pm, “sono stati protagonisti, insieme all’imputato, di una vicenda avvenuta in un periodo di grandissimo stress che ha creato una forte unione tra Mosca e il suo personale. Personale che per il primario provava ammirazione, mentre per Bonettini sentiva un sentimento di disprezzo”. “In una intercettazione”, ha ricordato la Ceschi, “viene definito un infame. Lui si è esposto denunciando, e per questo è stato screditato e accusato di aver ordito un complotto. Assurdo che qualcuno possa aver ucciso Paletti iniettandogli il Propofol per poi incolpare Mosca. Non c’era alcun astio contro il primario, neanche da parte di Rigo”.

Ma quale sarebbe stato il movente che avrebbe spinto Mosca ad uccidere?. “Tutti hanno descritto il primario come un interventista e un decisionista”, ha ricordato il pm, che ha ipotizzato che Mosca, “nel suo efficientismo, possa aver visto quei pazienti come ostacoli al funzionamento del pronto soccorso. Un uomo di una grande dedizione, l’imputato, ma questa dedizione potrebbe essere travalicata in una mania del controllo in una situazione non solo critica, ma ingestibile, come quella creatasi in quei giorni di crisi per via della pandemia”.

Da pare loro, gli avvocati delle parti civili si sono associati alla richiesta del pm e hanno depositato le loro richieste di risarcimento in forma scritta. Ora la parola passa agli avvocati della difesa. Al termine degli interventi, la Corte si ritirerà in camera di consiglio dalla quale uscirà con la sentenza.

Sara Pizzorni

 

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