Cronaca

Madonna del Brancere, venerdì sera
rosario per chiedere fine siccità

(foto di repertorio - Sessa)

Le popolazioni del Grande fiume unite, in preghiera, per chiedere la fine della siccità. L’invito arriva da Brancere ed è per la serata di venerdì 1 luglio, alle 19, alla santella della Madonna di Brancere, Regina e Patrona del Po. Grazie all’iniziativa del gruppo Piccolo Cenacolo di Cremona sarà recitato il Rosario, per chiedere appunto la fine della siccità che ha messo in ginocchio il fiume e le campagne, dell’una e dell’altra riva del Po. Tutti i partecipanti si ritroveranno in località Lido Ariston, proprio a due passi dal fiume, dove si svolge la tradizionale Festa dell’Assunta del 15 agosto. Qui, in modo del tutto popolare, avverrà il momento di preghiera, di fronte alla santella votiva della Regina del Po, opera di Graziano Bertoldi, inaugurata per il Giubileo del 2000. L’intento degli organizzatori è quello di coinvolgere più persone possibili, in un momento di fede condivisa, dell’una e dell’altra riva del Grande fiume, in un luogo simbolo per i nostri territori. Ed è significativo che, come forma di preghiera sia stata scelta quella semplice, popolare e diffusissima del Rosario. Quella preghiera che ci mette “in comunione viva con Gesù attraverso il Cuore della sua Madre. Nello stesso tempo il nostro cuore può racchiudere in queste decine del Rosario tutti i fatti che compongono la vita dell’individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesa e dell’umanità. Vicende personali e vicende del prossimo e, in modo particolare, di coloro che ci sono più vicini, che ci stanno più a cuore. Così la semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana”. Così, sintetizzava, la preghiera delle cinque decine di “Ave Maria”, San Giovanni Paolo II, nella sua lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” (2002). Ma da dove nasce questa antica preghiera? E’ possibile risalire, per descrivere le sue origini, a quel rifiorire di manifestazioni nuove della devozione verso la Vergine, della Chiesa del XII secolo. Pratiche – per lo più elementari, popolari, devozionali – a cui contribuirono maggiormente i monaci cistercensi e poi, fin dagli inizi del secolo seguente, i grandi Ordini “mendicanti”, impegnati con le loro dure lotte contro le eresie. Ma, ai primordi di tutto, bisogna precisare che ci sono i Salmi, i 150 Salmi della Tradizione del Salterio. In fondo, il recitarlo – chiara derivazione ebraica – si è sempre continuato fra i Cristiani, e lo si è fatto secondo uno schema che lo vede distribuirsi nell’arco della settimana, e nell’alternarsi dei salmi, di giorno in giorno. Il salterio era però preghiera colta, destinata a chi sapesse leggere il latino, la Bibbia. Come farlo recitare agli illetterati? Si escogitò, allora, la soluzione di sostituirlo con la recita di 150 preghiere più brevi e facili, tra queste – soprattutto – il Padre Nostro. Ma più tardi (nel XII secolo soprattutto), diverrà protagonista l’ “Ave Maria”, che si alternerà alla preghiera del “Pater noster”. Fu così che nel secolo XIII, si formò la consuetudine di ripetere spesso una sequenza di 50 o 150 Ave Maria, accompagnate da genuflessioni e intercalate dal Padre Nostro. In quell’epoca il Rosario non era ancora chiamato con questo nome. Era indicato come il “Salterio della Beata Vergine”. In questo modo, assieme alla recita del Salterio “ufficiale” dei centocinquanta salmi, o se vogliamo, quello “dotto”, finalmente il popolo poteva avere il suo “Salterio” che, insieme alle “Laudi spirituali”, veniva recitato soprattutto nelle Compagnie e nelle Confraternite. Poi, per renderne più facile la recita, venne adottata la “Corona” che esisteva già come strumento per altre devozioni. Indubbiamente la storia del Rosario è legata alla figura di San Domenico di Guzman, il fondatore dell’Ordine dei Frati predicatori, quello che tutti conosciamo come l’“Ordine domenicano”. Secondo il racconto del beato Alano della Rupe, San Domenico, durante la sua permanenza a Tolosa del 1212, ebbe una visione della Vergine Maria e la consegna del prezioso oggetto: il Rosario. Era stata accolta la sua preghiera di avere uno “strumento” per combattere l’eresia albigese, senza violenza. Secondo sempre il racconto del Beato Alano della Rupe, mentre predicava in Spagna (1213-1214) con il suo confratello fra Bernardo, venne rapito dai pirati. La notte dell’Annunciazione di Maria (25 marzo), una tempesta stava facendo naufragare la nave dove si trovavano i due frati. Salvifico

l’intervento-apparizione della Madonna che spinse Domenico a far parte della Confraternita del Rosario, unica via di salvezza dalla morte certa per l’equipaggio. Era doveroso nominare questo Santo, San Domenico, ma bisogna precisare che l’evoluzione della preghiera alla Madre di Dio, ebbe diversi stadi. Nel 1400, gli elementi delle due preghiere fondamentali, l’Ave (la formula completa come la conosciamo adesso, avviene intorno al 1350) e il “Pater noster”, tenderanno sempre più a mescolarsi. In ambito certosino, avvengono così due fatti decisivi per la nascita di quello che sarà poi il Rosario, nella formula che ancora oggi usiamo: il salterio delle 150 “Ave” sarà suddiviso in 15 decadi, precedute da un Pater. In seguito, ci sarà la proposta di un rosario ininterrotto di 50 Ave, seguite ognuna da 50 cosiddette “clausole” che ripercorrevano i momenti più importanti della vita di Gesù. “Misteri” ante-litteram, potremmo definirli. Tra il 1435 e il 1445, Domenico Hélion (chiamato anche Domenico il Prussiano o Domenico di Trèves) compone per i certosini fiamminghi, 150 clausole divise in tre sezioni, corrispondenti ai Vangeli dell’infanzia di Cristo, della vita pubblica, e della Passione-Risurrezione. Altro nome importante per la diffusione della preghiera mariana per eccellenza, fu quello di fra’ Alano de la Roche (1428-1475), domenicano, che fonderà nel nord della Francia una confraternita per la devozione e la diffusione del “Salterium Mariae”. Dopo de la Roche, il Rosario (ormai si chiamerà solo così) si diffonderà rapidamente in tutta Europa e ben presto assumerà una sua struttura fissa, solennemente ratificata dal Papa Pio V . Proprio a questo pontefice, dobbiamo due importanti documenti: la bolla “Consueverunt Romani Pontifices”(1569), e la bolla “Salvatoris Domini” (1572) in cui la Chiesa riconosceva alla potenza del Rosario, alla mediazione di Maria, la vittoria contro i Turchi nella battaglia di Lepanto. E, in ricordo di tale evento, nel Concistoro del 17 marzo 1572, il papa espresse infine il desiderio di voler istituire una “Commemoratio Sanctae Mariae de Victoria” da celebrarsi il 7 ottobre. Giorno che poi verrà dedicato, appunto, alla “Madonna del Rosario”.

Ben venga, dunque, il Rosario del primo luglio come invocazione e occasione per chiedere la fine della siccità, portando a incontrarsi ed a condividere un momento di preghiera, a beneficio dei nostri territori, le popolazioni dell’una e dell’altra riva del Po.

Eremita del Po, Paolo Panni

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