Martinotti, interventi "non necessari"
collega: "Pazienti sono esseri umani"
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“I pazienti devono essere operati valutando il bene per il paziente. Sono esseri umani, non pezzi di carne”. Lo ha detto oggi in aula Nicola Pasquali, 55 anni, cremasco, dal 2000 in servizio nel reparto di Chirurgia Generale dell’ospedale di Cremona, chiamato a testimoniare dal pm Vitina Pinto nel processo contro l’ex primario Mario Martinotti, 65 anni, di Pavia, accusato di quattro casi di omicidi colposi. Per la procura, Martinotti, in pensione dal primo gennaio 2020, avrebbe sottoposto quattro pazienti ad operazioni di cui non avrebbero avuto necessità. I fatti contestati vanno dal 2015 al febbraio del 2019.
Dei quattro pazienti, Pasquali si era occupato marginalmente solo di Renzo Tanzini, malato di tumore al duodeno, sottoposto a 16 intervenenti chirurgici con i quali gli era stato asportato l’intestino quasi interamente. A Tanzini, deceduto il 15 agosto del 2016, Pasquali aveva fatto solo una medicazione. “Quel paziente, però, me lo ricordo”, ha spiegato il chirurgo, “perchè aveva una patologia abbastanza rara, la sindrome di Lynch, una patologia ereditaria caratterizzata dall’aumentato rischio di sviluppare il carcinoma colorettale”.
Il paziente avrebbe dovuto essere operato per il tumore al duodeno, ma prima dell’intervento era stato sottoposto ad una colonscopia che aveva segnalato la presenza di due polipi potenzialmente pericolosi. Per decidere se procedere con l’operazione prevista al duodeno e a quel punto anche per asportare i polipi, Martinotti aveva parlato con il gastroenterologo Federico Buffoli, conversazione alla quale aveva assistito anche Pasquali. Si era proceduto, ma durante l’operazione erano sorte delle complicanze: un quadro di peritonite e ischemia in tutto l’intestino. “L’idea”, ha spiegato Pasquali, “era quella di ricostruire l’intestino, ma a causa dei vari interventi le cuciture di congiunzione non erano più riuscite a reggere”.
La decisione di procedere l’ha presa Martinotti”, ha detto il testimone. “A mio avviso, quello era un intervento discutibile, perchè attaccare 10 centimetri di piccolo intestino allo stomaco e al retto non è stato eseguito in nessuna parte del mondo. E mi ricordo bene che il dottor Martinotti avrebbe voluto fare un lavoro per pubblicare questo intervento, che mai era stato fatto in nessuna parte del mondo. Gliel’ho sconsigliato”.
Per quanto riguarda invece il caso di Pasquale Dornetti, che soffriva di tumore al fegato, Pasquali, al quale la procura aveva sottoposto la documentazione, ha ricordato che per i medici dell’ospedale San Raffaele di Milano il paziente era inoperabile. “Il San Raffaele è il centro di riferimento nazionale ed europeo. L’intervento era stato escluso perchè c’era un rischio eccessivo”. Il 30 giugno del 2017, però, Martinotti lo aveva comunque sottoposto ad un’operazione chirurgica. Durante l’intervento, però, era sorta una lacerazione della via biliare all’ilo epatico. Il 10 luglio Dornetti era stato nuovamente operato, ma era morto quattro giorni dopo. Che alternative c’erano?. Per Pasquali, “non bisognava operare. Verosimilmente il tumore sarebbe cresciuto e il paziente sarebbe morto. E’ nella natura delle cose”.
Tra i testi del pm c’era anche Giordano Busi, 67 anni compiuti ieri e da oggi in pensione, fino a ieri in servizio nel reparto di Chirurgia dell’ospedale OglioPo, a Cremona dal 1989 al 2009. Dal 2007 al 2009 Busi aveva fatto parte dell’equipe di Martinotti. Anche al medico, come al collega Pasquali, la procura aveva sottoposto la documentazione dei quattro pazienti, ma essendo stato in servizio all’OglioPo all’epoca dei fatti e quindi non coinvolto in nessuno dei casi contestati, il giudice ha accolto le opposizioni delle difese e la testimonianza è stata molto breve.
Nelle carte dell’indagine si legge che Busi, sentito nel 2018 in procura, aveva chiesto di essere trasferito a Casalmaggiore dopo aver presentato una lettera in cui denunciava uno stato di incompatibilità con il primario, evidenziando problemi di gestione del reparto da parte di Martinotti. Nelle dichiarazioni rese in procura, Busi aveva parlato del clima pesante che si respirava all’interno del reparto, tanto che altri due chirurghi e un anestesista erano andati via, a detta dello stesso Busi, a causa dei contrasti con Martinotti, e dei suoi “scontri” con l’allora primario su casi di pazienti “ai limiti dell’operabilità, con uno stadio di malattia tale da sconsigliare l’operazione. Lui decideva comunque di operarli, a volte anche con esiti letali”.
Gli omicidi colposi contestati a Martinotti:
C’è il caso di Giuseppina Zanardi, 75 anni, operata al pancreas da Martinotti l’11 marzo del 2015. Per l’accusa, “con grande imprudenza”. Alla paziente, il chirurgo doveva togliere una lesione rilevata dalla Tac il 23 febbraio precedente e da una ecoendoscopia il 27 febbraio successivo. Ma non aveva fatto fare la biopsia per accertare se la natura di quella lesione fosse benigna o maligna. Durante l’intervento, il medico avrebbe cagionato alla paziente una massiva emorragia, causandone il decesso.
Renzo Tanzini, invece, aveva 51 anni, con un tumore al duodeno che aveva già intaccato il pancreas. L’allora primario lo aveva correttamente sottoposto ad un intervento chirurgico, ma secondo l’accusa avrebbe anche effettuato una colectomia totale basandosi esclusivamente su una colonscopia, senza accertare, facendo la biopsia, se una lesione ‘non polipoidale’ rilevata nel colon fosse benigna o maligna. L’8 giugno del 2016, durante l’operazione, era insorta una sofferenza ischemica dell’intestino tenue. Per la procura, Martinotti aveva fatto fare solo una Tac all’addome senza procedere immediatamente ad un’angiografia che gli avrebbe consentito di verificare la natura e la sede della sofferenza vascolare, e di procedere adeguatamente e in modo tempestivo. Il paziente era stato operato di nuovo, ma solo il giorno dopo, quando il quadro clinico era ormai compromesso. Il 51enne era stato sottoposto ad altri 16 intervenenti chirurgici con i quali gli era stato asportato l’intestino quasi interamente. Tanzini è deceduto il 15 agosto.
Un altro paziente, Pasquale Dornetti, 78 anni, soffriva di tumore al fegato. Per i medici dell’ospedale San Raffaele di Milano, era inoperabile. Non così per Martinotti, che il 30 giugno del 2017 lo aveva sottoposto ad un’operazione chirurgica. Durante l’intervento, però, era sorta una lacerazione della via biliare all’ilo epatico: una complicanza che aveva causato al paziente uno stato settico. Il 10 luglio Dornetti era stato nuovamente operato, ma era morto quattro giorni dopo per l’insorgere di un episodio acuto cardiovascolare.
Renza Maria Panigazzi aveva 75 anni. Soffriva di una lesione cistica alla testa del pancreas. Martinotti l’aveva operata il 3 dicembre del 2018, anche se la lesione era benigna, così come dimostrato dagli esami diagnostici e dai marcatori tumorali negativi. Anche per lei nell’operazione era sorta una complicanza: un’ischemia al fegato. Secondo l’accusa, a quel punto il primario non aveva disposto alcun intervento, come ad esempio una epatectomia. Renza Maria morirà il 7 febbraio del 2019 per un grave stato settico.
“Il mio impegno per il bene dei malati è sempre stato totale”, ha sempre dichiarato l’ex primario Martinotti. “Sto affrontando questa esperienza serenamente perchè la mia forza è la consapevolezza della mia professionalità, e perchè da parte dei miei pazienti, da gran parte della mia equipe, e da tutti coloro che mi conoscono, ho ricevuto tanta solidarietà e vicinanza. Il mio modo di procedere è stato sempre corretto”.
Il prossimo 25 maggio parola ai testimoni della difesa, mentre i consulenti tecnici saranno sentiti il 13 luglio.
Sara Pizzorni