Dove sta andando l'agricoltura
dell'Unione Europea?
Una serie di atti programmatici e provvedimenti legislativi, nazionali ed europei, rischiano di trasformarsi in clamorosi autogol per la produzione agricola comunitaria
Dove sta andando l’agricoltura europea? Vi sono alcuni atti programmatici e legislativi che, in concomitanza e a diversi livelli, stanno tracciando un nuovo percorso per l’agricoltura professionale, quella che produce alimenti che vengono poi immessi nella catena alimentare umana. Si tratta di un percorso tortuoso e accidentato che non è ben chiaro dove potrà portare l’agricoltura e gli agricoltori del nostro paese ed europei. A rischio ci potrebbe essere la sovranità e la sicurezza alimentare.
Cominciando dal livello europeo notiamo che l’insieme delle strategie Farm to Fork e Green New Deal, propedeutiche alle scelte politiche dell’Unione europea, entro il 2030 prevedono una riduzione del 50% dell’impiego degli agrofarmaci attualmente in uso da parte degli agricoltori, con un crollo drastico della loro produzione e quindi del commercio e conseguenze incerte sullo sviluppo dei comparti produttivi collegati e del sistema agroalimentare nel suo complesso.
Non solo, sempre dal Farm to Fork è prevista la riduzione del 50% dell’uso dei farmaci ad effetto antibiotico, una riduzione del 20% dell’uso dei fertilizzanti ed infine l’indicazione a praticare l’agricoltura biologica sul 25% della superficie agricola coltivata in Europa.
Che effetto potranno avere queste restrizioni ed indirizzi sul futuro dell’agricoltura europea? L’obiettivo è certamente quello di andare verso un’agricoltura più green, più vicina all’ambiente ed alle richieste della società, anche se non tutti sono d’accordo nell’accettare questa conclusione e soprattutto nella sottovalutazione di alcuni “effetti collaterali”. Inclusa un’altra questione, non propriamente secondaria: la risposta in termini produttivi di questo tipo di agricoltura. Che, se si vuole, è poi il ruolo primario dell’agricoltura: produrre cibo, possibilmente sano, nutriente, di qualità, e meglio se a basso costo. Almeno su alcuni di questi aspetti, l’Università olandese di Wageningen, una delle più prestigiose e conosciute nel mondo in campo agricolo nutre non pochi dubbi. E li ha resi pubblici con una pubblicazione con cui sostiene che l’effetto combinato delle indicazioni più sopra elencate del Farm to Fork e Green New Deal, porteranno ad una riduzione del 20% della produzione di cibo europeo, con punte del 30% in meno per alcune colture particolari. Non solo, viste le limitazione degli input produttivi è molto probabile che aumenteranno anche i costi di produzione, a cui dovrebbe fare riferimento un analogo aumento dei prezzi di vendita al dettaglio.
Una delle conseguenze più evidenti è che aumenterà ulteriormente il ricorso all’importazione da paesi terzi, indispensabile vista la diminuita capacità produttiva europea, che con ogni probabilità non avranno queste restrizioni produttive. Se il quadro tracciato dall’Università di Wageningen sarà confermato, questa strategia potrebbe rivelarsi un clamoroso autogol per l’agricoltura nostra ed europea.
Poi, a livello nazionale, nei giorni scorsi, la Camera ha votato una proposta di legge che modifica alcuni articoli della Costituzione con cui vengono inseriti un paio di concetti relativi alla tutela dell’ambiente e degli animali. Principi sacrosanti, ma che potrebbero essere usati contro le forme tradizionali di agricoltura e di allevamento, peraltro già aggetto di numerose critiche e attacchi da parte di alcuni movimenti estremisti ambientalisti ed animalisti. Il tutto mentre salgono le pressioni e gli investimenti di società private per la produzione ed il consumo di cibi sintetici e di succedanei delle produzioni animali a base di vegetali.
Dunque, è proprio il caso di chiedersi: dove sta andando l’agricoltura europea da qui al 2030?