Cultura

100 anni fa nasceva Mario Lodi, il
maestro che imparò dai bambini

Videoservizio di Giovanni Gardani

Cent’anni fa nasceva a Piadena Mario Lodi, il maestro del Vho, definizione sicuramente riduttiva, ma appropriata per un pedagogista che valorizzando i bambini come i veri protagonisti della scuola, amava ripetere che era da loro che si poteva imparare tanto. Discreto fino all’ultima fase del suo impegno pubblico, quando, nonostante i numerosi riconoscimenti ricevuti tra cui una laurea Honoris causa all’Università di Bologna o il premio Unicef “Dalla parte dei bambini”, entrava in punta di piedi nella redazione del quotidiano “Cronaca” di Cremona portando  il materiale per la pagina dei bambini. Ne usciva, ogni settimana, un collage di disegni e di frasi tratti dai suoi libri, che in realtà erano il frutto della fantasia dei “suoi” bambini, da quelli che nel dopoguerra sperimentarono con lui una nuova metodologia di insegnamento estranea a quella che si insegnava negli istituti magistrali, fino alle nuove generazioni ormai addomesticate dalla televisione. Ma proprio lavorando con questi bambini, negli anni Ottanta e Novanta, aveva dimostrato come la fantasia e libera creatività dell’infanzia potevano ancora trovare spazi, se stimolate con gli strumenti giusti.

Maestro per 22 anni nella scuola elementare del Vho, esperienza dalla quale scaturiscono i suoi racconti più noti, come Cipì o Bandiera, e poi i primi saggi pedagogici, Mario Lodi è stato uno degli artefici della riscoperta della cultura popolare: sua l’iniziativa della Biblioteca popolare della cooperativa di Piadena, all’interno della quale nacque il Gruppo Padano che collaborò anche con Dario Fo. Sua l’iniziativa di un giornale scritto e illustrato dai bambini, il “Giornale dei Bambini”, e con questo gruppo venne poi realizzata un’edizione della Costituzione Italiana spiegata ai ragazzi.  Sua, l’ideazione della Casa delle  Arti e dei Giochi, un laboratorio – centro di documentazione ricavato a Drizzona nella cascina ristrutturata grazie ai proventi del premio internazionale LEGO (1989) ricevuto quale “personalità che ha dato un contributo eccezionale al miglioramento della qualità di vita dei bambini”.

Sua anche l’iniziativa di una campagna per cambiare la televisione, che in breve tempo raccolse 550mila firme consegnate nel 1995 al ministero della Pubblica Istruzione: “Tutti avevano firmato, ma poi non è successo niente”, aveva poi dichiarato, spiegando le motivazioni che lo avevano portato a cambiare idea su questo strumento che negli anni Cinquanta aveva salutato con entusiasmo, come mezzo per portare cultura nelle case di tutti: “Oggi, nel momento in cui viene messo davanti alla televisione, il bambino tace, non è più un essere pensante. Diventa una carta assorbente che riceve i messaggi che poi diventeranno la sua cultura. Dobbiamo abituare i bambini a dire cosa ne pensano, cosa gli piace e cosa non gli piace e perchè; e insomma a intervenire nella trasmissione per modificarla oppure lasciarla come sta. Questa è la pedagogia della parola, la parola che esprime il pensiero e che rivela a noi il rapporto dei bambini con questo mezzo potente e pericoloso”.

Ma forse è ancora l’introduzione a “Cipì” a riassumere nella maniera più efficace la “rivoluzione” portata da Mario Lodi nella scuola e non solo:

“Ricordo un episodio: mentre i bambini erano attenti alla discussione che stavamo facendo, uno di loro si alzò dal proprio banco e andò, senza parlare, alla grande finestra che sembrava aprirsi sul mondo.
Al mio moto di sorpresa un altro suo compagno fece altrettanto.
A uno a uno uscirono tutti dal banco per andare a guardare che cosa succedeva sui tetti di fronte e io, il maestro che doveva comandare come imponeva la vecchia scuola trasmissiva, fui trascinato dalla loro curiosità nel dilemma: lasciar fare o reprimere, ascoltarli o punirli?
Questo era il mio dubbio.
Ho cercato di resistere perché la scuola di allora aveva una gerarchia di ruoli e valori in contrasto con l’esigenza dei bambini.
A un certo punto ho deciso di cambiare cercando di interpretare un maestro che capiva i bambini veri e non li reprimeva come, invece, mi avevano insegnato nei convegni di formazione.
Allora mi alzai dal mio posto e pensai: «La scuola a cosa serve? Un piccolo gruppo di bambini può cambiarla, può trasformarla in un luogo di gioco?»
Mi alzai e andai in mezzo a loro a guardare il mondo dalla finestra. Cosi nasce Cipí: il mondo reale si trasformava con la loro fantasia negli episodi del pericolo del gatto, dell’innamoramento, dell’aiuto per chi si trova in difficoltà, delle tentazioni attuate dagli imbroglioni per incantarli; e tanti altri”.

Mario Lodi è scomparso il 2 marzo 2014. gbiagi

 

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