Sgominata banda di truffatori,
in manette anche un cremonese
C’è anche un cremonese finito in manette nell’ambito della maxi operazione della guardia di finanza di Asti, denominata Warranty, con cui è stato disarticolato un gruppo organizzato attivo tra l’astigiano, le province di Cremona, Milano, Monza, Como e Lodi e portata alla luce una maxi truffa da 21 milioni di euro. L’uomo, un 50enne residente in città, aveva il ruolo di prestanome. Complessivamente sono 14 gli indagati, 10 le misure di custodia cautelare, di cui 8 in carcere e 2 ai domiciliari, con il sequestro preventivo di conti correnti, imbarcazioni di lusso, immobili e società.
Oltre ai delitti di possesso e fabbricazione di documenti falsi e ricettazione di documenti risultati rubati, ai 14 indagati vengono contestati l’indebita percezione, mediante società inesistenti o comunque inattive depositando bilanci con dati inattendibili, di finanziamenti bancari per 375.000 euro, recuperati tramite il Fondo Garanzia Covid 19. Ma il gruppo criminale ha messo a segno soprattutto truffe ai danni di privati: da un lato fornitori a cui è stata ordinata la merce e mai pagata, per un valore complessivo di 19.892.333 euro, dall’altro istituti di credito e finanziarie, da cui sono stati ottenuti finanziamenti ordinari per un importo pari a 1.850.000 euro.
L’operazione è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Asti, ed ha visto coinvolto il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di quel Comune, insieme a Finanzieri dei Reparti di Lombardia, Lazio e Sardegna.
Gli accertamenti dei militari del Nucleo di Polizia Economico-finanziaria di Asti hanno permesso di far emergere l’inganno perpetrato attraverso l’utilizzo di società già esistenti e rilevate dagli attori della truffa e di altre da loro create per farne veicolo della frode. In sostanza venivano redatti bilanci falsi, regolarmente depositati presso la Camera di Commercio, in modo che le suddette aziende risultassero floride e attive, in modo da ingannare istituti di credito e fornitori. La costituzione delle suddette società era stata resa possibile grazie alla collaborazione di prestanome, ma anche grazie all’utilizzo di documenti di identità contraffatti.
I finanzieri sono altresì riusciti a rintracciare un flusso di denaro per circa 250mila euro, probabile provento di truffa, trasferito prima nell’Est-Europa (Bulgaria, Slovacchia) e poi da lì in Svizzera, da dove è stato poi movimentato di nuovo in Italia tramite una società svizzera che fa capo a uno degli indagati, a cui è stato contestato il delitto di auto-riciclaggio aggravato dalla transnazionalità. Un’operazione che serviva per ripulire il denaro. LaBos