Cronaca

Dirottatore bus, chiesti 17 anni e
6 mesi. "Non fu atto di terrorismo"

Gli avvocati delle parti civili

E’ arrivato al capitolo finale il procedimento nei confronti di Ousseynou Sy, l’autista 49enne di origini senegalesi che nel marzo del 2019 sequestrò il bus con a bordo 50 studenti delle medie Vailati di Crema, 2 insegnanti, Alessandro Cadei e Giacomo Andrico, e la bidella Tiziana Magarini. E’ in corso oggi il terzo e ultimo grado di giudizio a Roma in Corte di Cassazione. Per l’imputato, il procuratore generale ha chiesto una pena 17 anni e 6 mesi, inferiore ai 19 anni inflitti il 9 aprile dell’anno scorso in Corte d’Assise d’Appello a Milano, in quanto non fu un “attentato con finalità terroristiche, delitto che presuppone l’individuazione di un soggetto politico”. I ragazzi, i professori e la bidella “sono certamente vittime, ma non obiettivi politici”.

A Roma sono presenti, tra gli altri, gli avvocati di parte civile Antonino Andronico, Ilaria Groppelli, Vittorio Patrini, Giuseppe de Carli.

In secondo grado, rispetto ai 24 anni decisi in primo grado, i magistrati milanesi avevano ridotto la pena a 19 anni in  quanto il reato di lesioni da cui era stata esclusa l’aggravante della premeditazione era stato riassorbito in quello di attentato con finalità terroristiche. La Corte d’Assise d’Appello, diversamente dai colleghi di primo giudizio, aveva anche revocato la responsabilità civile del Ministero della Pubblica Istruzione, mentre erano stati tutti confermati i risarcimenti alle parti civili. 

In particolare era stato disposto il versamento di 25 mila euro per ognuno degli studenti presenti sull’autobus – fatta eccezione per uno di loro che non aveva fatto richiesta – e di 3mila euro per ciascuno dei genitori che avevano chiesto i danni. Sy era anche stato condannato a versare una provvisionale di 35mila euro ad uno dei professori, 25mila euro al secondo professore e 25 mila euro alla bidella, nonché 10 mila euro al Comune di Crema. Risarcimento di una provvisionale di 150 mila euro anche ad Autoguidovie per l’incendio dell’autobus.

Il 20 marzo del 2019 Ousseynou Sy aveva rischiato di far bruciare viva la scolaresca e il personale scolastico nel mezzo che stava guidando e con il quale avrebbe voluto raggiungere l’aeroporto di Linate. “E’ evidente”, aveva detto a Milano il procuratore generale, “che il sequestro è stato attuato a fini terroristici o di eversione dell’ordine democratico”. Non dello stesso avviso il procuratore della Cassazione.

“La gravità dei fatti balza agli occhi dell’intera popolazione nazionale”, aveva detto il pg di Milano. Il bus, con le taniche di benzina posizionate all’interno del mezzo, era una “bomba vagante”. Per i giudici di primo grado, però, non c’era la prova che l’autista avesse appiccato l’incendio al bus cosparso di benzina e nemmeno che volesse uccidere la scolaresca. E’ tuttavia stato provato che aveva consapevolmente messo in pericolo la vita degli ostaggi.

“La potenzialità offensiva dei suoi gesti”, scrivevano i primi giudici, “era stata in ogni caso elevatissima e posta in essere in tal modo per intimidire a livello individuale e collettivo la popolazione, creando una situazione di terrore, così da poter avanzare richieste alle pubbliche autorità”.

Per il procuratore generale dell’Appello, “Sy è sempre stato lucido in ogni momento. Il suo è stato un disegno preciso, compreso il programma che si era posto e che ha maturato nel tempo”.

Nella sua ultima udienza in presenza, l’imputato, rendendo dichiarazioni spontanee, aveva specificato che il suo voleva essere un gesto per attirare l’attenzione sul dramma dei migranti che muoiono nel Mediterraneo. L’autista si era poi scagliato contro il leader della Lega e il ‘decreto Salvini’ che “uccide deliberatamente”, accusando anche i giudici di essere suoi complici perché nessuno di loro ha speso una parola su, per esempio, la vicenda della nave Gregoretti. Agli atti del processo anche il video shock di Ousseynou Sy, con immagini che erano state secretate dalle autorità per evitare rischi di emulazione. “Voi italiani mi fate schifo”.

Sara Pizzorni

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