Cronaca

"Mi sento cremonese": dal calzolaio
di via Cadore storia di integrazione

Una storia di integrazione sta prendendo forma in un negozio fino a poco fa vuoto di via Cadore, dove Bernus Diams, immigrato dalla Costa d’Avorio sta avviando la sua attività di calzolaio. 35 anni, è arrivato in Italia sette anni fa su un gommone, dalla Libia, dopo una lunga peregrinazione attraverso mezzo continente africano, alla ricerca di condizioni di vita migliori. Da Abijian è passato attraverso Ghana, Nigeria, Camerun, Guinea Equatoriale, Gabon e poi ancora Camerun, Ciad e da qui fino alla Libia, da dove ha deciso di imbarcarsi per sfuggire alla violenza del luogo.

Due giorni e due notti in mezzo al mare, su un natante che imbarcava acqua, fino allo sbarco a Crotone. Da qui il trasferimento a Milano e quindi Cremona, nel centro di prima accoglienza gestito dalla cooperativa Sentiero, dove ha affinato il mestiere, grazie anche alla presenza di un maestro del cuoio come l’artigiano Massimo Dosi.

Una grande voglia di fare, tanto che, accantonando giorno dopo giorno i soldi del pocket money e con l’aiuto di tante persone – dai responsabili di Sentiero ai tanti cremonesi incrociati lungo la strada – è riuscito ad acquistare i macchinari usati. Macchine da cucire per riparare borse, marsupi, zaini; attrezzi per le cuciture a mano, macchine per rifare tacchi e suole. E così quella che era una grigia bottega di biciclette sta diventando un esempio di possibile integrazione attraverso il lavoro.

Una grande parte di questa storia ce l’ha appunto Massimo Dosi, che gli ha prestato molte attrezzature oltre ad anticipargli i materiali. “E’ una persona fantastica – dice di Diams – molto vera, ne ha passate di tutti i colori, le sue storie sono commoventi. Non puoi tenere il cuore chiuso davanti a una persona così. Questo signore ha dimostrato a tanta gente, anche quella distante politicamente dalle problematiche dell’immigrazione, che è venuto qua per lavorare e rifarsi una vita, in quanto gran parte del continente nero ha difficoltà a procurarsi pranzo e cena, anzi, anche una volta arrivati in Europa queste persone continuano a mangiare una volta al giorno. Negare l’aiuto a una persona così, che poi è volonterosissima, sarebbe un delitto”.

Massimo gli sta inviando clienti e gli anticipa i materiali: “Ormai lo stanno conoscendo in molti, io mi fido, se dico a qualcuno di rivolgersi a lui sono sicuro che non mi fa fare brutta figura, perchè la sua è bravura, e il suo spirito di iniziativa lo aiuta. Oltretutto  lui fa cose che io non riesco più a fare, avendo deciso di lavorare a mano”.

Diffidenza, ce n’é? “Ne vedo poca, la gente va una volta e poi ci torna. A volte è lui ad essere utile a me, quando ad esempio qualcuno mi chiedere riparazioni a macchina”.

Diams aveva già bottega a Vescovato, questa di Cremona è appena agli inizi, ma lui ha già in mente un preciso progetto: non solo aggiustare borse e scarpe, ma realizzare proprie creazioni utilizzando cuoi e tessuti africani. La vetrina verrà a mano a mano allestita con arredi che si ispirano alla natura: “Qui diventerà un giardino come c’è la fuori” – spiega indicando piazza S.Anna – voglio mettere tronchi di legno ed esporre borse, portafogli, zaini, realizzati mescolando tessuti africani colorati e pellame”.

 Ha anche creato un logo per la sua nuova attività, incastonando il numero 3 e le lettere M e D. La M perchè è la lettera centrale dell’alfabeto e la più usata, dice lui “nelle lingue di tutto il mondo”. La D richiama legami famigliari (Bernus ha perduto il padre e in Costa d’Avorio ha lasciato madre e cinque sorelle); lettere e numero formano una tartaruga stilizzata, il suo animale simbolo: “Anche io ho camminato piano, passo dopo passo, come la tartaruga, che va lentamente ma l’ariva“, dice abbozzando qualche parola in dialetto. “Ho fatto tanti Paesi dell’Africa, dal Ghana alla Libia. Lì sono stato picchiato, ho visto uscire il mio sangue, ma alla fine sono arrivato qui”.

Diams avrebbe potuto raggiungere la Francia, dove ha parenti, ma ha deciso di fermarsi: “La mia vita è qui a Cremona, sono diventato cittadino cremonese. Ho trovato cittadini simpatici, famiglie italiane che mi vogliono bene e mi fanno dei regali. Non mi sento più straniero”. gbiagi

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