Cronaca

Furto violino, il commercialista:
"Col ladro nessun contatto fisico"

Al via il processo con giudizio immediato per la rapina del violino commessa lo scorso 16 febbraio nello studio di piazza Castello del commercialista cremonese Massimo Serventi. Due gli imputati: Francesco Di Roma, 49 anni, nato nel pavese, ritenuto l’autore materiale del colpo, e il cremonese Stefano Barca, 36 anni, quest’ultimo accusato di ricettazione per aver cercato, insieme a Di Roma, di vendere lo strumento ad un commerciante di strumenti musicali. Di Roma è difeso dall’avvocato Fabio Galli, mentre Barca dal collega Ugo Carminati. Il terzo componente del gruppo, “il palo”, Liridon Fejza, 21 anni, kosovaro, è già stato condannato a due anni e quattro mesi di reclusione. L’imputato, assistito dall’avvocato Luca Curatti, aveva scelto di essere processato con il rito abbreviato.

L’avvocato Galli

Secondo l’accusa, il furto era degenerato in rapina in quanto il professionista, che si era trovato faccia a faccia con il ladro, sarebbe stato spintonato, ma oggi lo stesso commercialista, sentito in aula, ha “smontato” la rapina, sostenendo che tra lui e il malvivente non c’era stato alcun contatto fisico. Serventi ha detto di aver perso l’equilibrio e di essere caduto mentre cercava di chiudere il cancello e di bloccare la fuga del ladro.

Quella sera il commercialista era in casa della moglie in via Asiago insieme ai loro due figli quando al campanello aveva suonato un agente della polizia locale. Il vigile, che era a passeggio con il cane, aveva avvertito la famiglia che qualcosa di sospetto stava accadendo nello studio, a circa 300 metri dall’abitazione, dicendo di aver visto un uomo allontanarsi e ipotizzando fosse in corso un furto. A quel punto i Serventi avevano preso l’auto per andare a controllare, e nel frattempo avevano chiamato la polizia. Al loro arrivo si erano accorti che il cancello d’ingresso aveva la serratura scassinata, che le luci del giardino erano state tutte danneggiate e che una delle finestre era aperta con una scopa messa in modo da bloccare le tapparelle.

Una volta entrato, il commercialista aveva intravisto un uomo all’interno dello studio. “Mi sono messo ad urlare e ho richiuso la porta di accesso tornando verso il cancello”, ha raccontato. “Avevo paura per mio figlio di 17 anni che era rimasto fuori. Ad un certo punto ho visto un uomo tutto vestito di nero che è saltato dalla finestra e allora ho cercato di chiudere verso di me il cancello, mentre lui tentava di aprirlo. Poi ho perso l’equilibrio e sono caduto e il ladro è fuggito”. “Non c’è stato alcun contatto fisico”, ha ammesso Serventi, che non è stato in grado di descrivere la persona che si è trovato davanti in quegli istanti concitati. “Aveva il volto coperto e indossava una sorta di tuta nera”.

L’avvocato Carminati

Nel frattempo la moglie e la figlia del commercialista avevano preso la macchina per inseguire l’uomo che il vigile aveva visto allontanarsi. “Siamo arrivate fino in via Sabotino”, ha raccontato la moglie del commercialista, “ed è apparsa una persona che si è tirata giù la mascherina e ci ha sorriso. Era alto, magro e aveva i capelli neri”. In aula, la donna ha riconosciuto la foto di Liridon Fejza che aveva fatto da “palo”.

Dallo studio era sparito il violino, un modello Stradivari costruito dal liutaio cremasco Formaggia per il papà di Serventi, insieme alla custodia e ad un archetto. “Uno strumento del 1978, importante soprattutto da un punto di vista affettivo”, ha raccontato Serventi, “e del valore di 25/30 mila euro, più l’archetto del valore di 1500 euro dell’archettaio bresciano Pedretti consigliatoci dal nostro amico Sergej Krylov”. Lo stesso Serventi ha però sottolineato che nessuno dei due fuggitivi era stato visto con in mano il violino.

Di certo lo strumento era stato portato il 6 marzo successivo ad un commerciante cremasco da Francesco Di Roma e da Stefano Barca, che avevano cercato di venderlo. Dopo contatti via mail e via telefono, i due, previo appuntamento, si erano presentati nel negozio di strumenti dove ad attenderli c’era la polizia. In aula, delle indagini ha riferito il sostituto commissario della Questura Luca Mori. Fondamentali anche le immagini del sistema di videosorveglianza di piazza Castello dalle quali era stato possibile riconoscere la figura del “palo”, mentre l’esecutore materiale era stato ripreso di spalle. I vestiti trovati nell’abitazione di Di Roma durante la perquisizione, tuttavia, erano gli stessi di quelli indossati dall’autore del colpo nel video.

Si torna in aula con altri testimoni il prossimo 15 febbraio.

Sara Pizzorni

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