Morena, pm: “Ergastolo per il marito”
Famiglia: “Risarcimento simbolico”
La difesa ha invece puntato sull’omicidio preterintenzionale.
"L'imputato non voleva uccidere la moglie"
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Per Eugenio Zanoncelli, 57 anni, accusato di aver ucciso la moglie Morena Designati, 49 anni, la sera del 24 giugno del 2020 nella loro villetta in via De Nicola a Palazzo Pignano, il pm Milda Milli, al termine della sua requisitoria davanti ai giudici della Corte d’Assise presieduta dal presidente Anna di Martino, ha chiesto la pena dell’ergastolo senza concessione delle attenuanti generiche.
“Questa è una vicenda che lascia l’amaro in bocca”, ha detto il pm. “Morena, affetta da sclerosi multipla, è stata vittima della mania di controllo del marito, questa è una tragedia che si sarebbe potuta evitare se la sua patologia, in progressivo peggioramento, fosse stata tenuta sotto controllo con le dovute cure. Peccato che dal 2019 Morena non si sia più sottoposta ai controlli”. Il pm ha poi parlato dei lividi sul volto della donna, segni notati sia dalle ex colleghe di lavoro che dalla sorella, dell’isolamento forzato della vittima, che, complice anche il lockdown, non aveva più avuto contatti con l’esterno, nemmeno con la propria famiglia di origine. Per l’accusa, quando l’imputato aveva colpito con un pugno e con una delle stampelle la moglie, “malata, indifesa e non accudita come meritava”, non poteva non prevedere le conseguenze nefaste che ne sarebbero derivate su un corpo così debole. Per il pm, “su una patologia in stato avanzato, il trauma ha aggravato la situazione. L’imputato, che in sede di interrogatorio aveva detto ‘ho voluto uccidere Morena’, frase poi smentita in aula, ha previsto l’evento, e quando la moglie era a terra dopo essere stata colpita, non ha chiamato i soccorsi e si è fatto la doccia, segno di distacco e di totale indifferenza”.
Ha poi parlato l’avvocato Alessandro Porchera, parte civile per la mamma e i tre fratelli della vittima. “Morena era isolata, non poteva vedere nessuno, non aveva la macchina, non aveva il telefono. Morena non vive, vegeta, lasciata sul divano come un cane. Morena è stata barbaramente uccisa con una stampella, l’unico presidio che aveva e che stranamente non era lì, ma in garage. Cosa inverosimile. L’imputato si è poi cambiato, ha preso del tabacco, ha lasciato il figlio sulla porta di casa di suo fratello senza nemmeno aspettare di vederlo entrare e se n’è andato”. Il legale, a nome della famiglia, ha chiesto scusa a Morena: “ti chiediamo scusa, perchè non ti abbiamo aiutata, forse lì siamo colpevoli”. L’avvocato ha chiesto un risarcimento simbolico di 10 euro a testa. “Alla famiglia non interessano i soldi, voleva solo partecipare al processo perchè a Morena era dovuto, ma il risarcimento deve andare al loro nipote. In questa storia, Andrea, di soli 13 anni, ha subito un trauma inimmaginabile”.
Come rappresentante di parte civile per Roberto Zanoncelli, fratello dell’imputato a cui è stato affidato il nipote, l’avvocato Annalisa Bortolini ha chiesto una provvisionale non inferiore a 50.000 euro, mentre la collega Micol Parati, parte civile per Andrea, un risarcimento che supera il milione di euro “per i danni estesi di carattere psichico patiti dal figlio della coppia, che ha perso la madre in quel modo e con la quale aveva un rapporto strettissimo”.
L’avvocato Maria Laura Quaini, per la difesa, ha invece insistito sull’omicidio preterintenzionale, sostenendo la non intenzione, da parte dell’imputato, di uccidere la moglie. “Non è vero che Morena era isolata”, ha detto l’avvocato. “Aveva la macchina, andava a trovare la suocera, aveva il cellulare e aveva autonomia decisionale. Prima di questo evento, la famiglia non ha mai avuto alcun problema. Quando Morena si è ammalata, ha avuto con la malattia una relazione di negazione, non voleva sottoporsi alle cure e alle terapie. Non era affatto una donna passiva, non era una donna succube, ma non voleva riconoscere di essere malata e dunque non voleva aiuto”. Secondo il legale della difesa, quella sera in casa c’era stata l’ennesima discussione sul fatto che la donna non voleva farsi curare. “Lui le ha dato due schiaffi, lei ha sbattuto contro il bracciolo del divano e poi è caduta. Lui ha cercato di rianimarla, era nel panico. Si è lavato velocemente e poi ha pensato di portar via il figlio per proteggerlo”. Per la difesa, “la stampella trovata in garage non è stata usata, il sangue trovato non era di quella sera”. E sui maltrattamenti: “non sono contestati nel capo di imputazione, ma i lividi erano solo per le cadute. Non ci sono prove che il mio cliente volesse cagionare la morte della moglie. Zanoncelli voleva che si curasse, ma lei rifiutava. Lui era pressato psicologicamente da lei che gli diceva: ‘Se mi vuoi bene ascoltami, non voglio andare in ospedale’. E lui cosa doveva fare?. Incatenarla?”.
La sentenza sarà emessa lunedì prossimo.
Sara Pizzorni