Cronaca

Incappucciati in villa, il figlio dei
padroni di casa: "Noi terrorizzati"

“Eravamo tutti traumatizzati, io pensavo di essere in un sogno”. E’ il racconto di Manuele, il figlio di Claudio, 69 anni, imprenditore cremasco, e di Silvia, 63 anni, tutti aggrediti e rapinati nella loro villa di Crema la sera del 23 giugno del 2018. E’ ripreso proprio con la testimonianza del ragazzo il processo a cinque persone arrestate nel marzo del 2019 dagli uomini della squadra Mobile di Cremona nell’operazione “Bad Boys” e accusate di rapina, sequestro di persona, furto in abitazione e lesioni personali in concorso.

Lo scorso giugno avevano testimoniato i genitori di Manuele, tutti rimasti in balia della gang per quattro interminabili ore. Il padrone di casa, in particolare, era stato colpito con due pugni e buttato a terra.

Quella sera Manuele era fuori con degli amici. Quando era rientrato a casa si era trovato davanti una scena che non avrebbe mai voluto vedere: in casa degli incappucciati e mamma e papà seduti sul divano. “I miei erano attaccati l’uno all’altra”, ha raccontato Manuele. “Anche io sono stato costretto a sedermi con loro. Di fronte a noi c’era una persona che ci ha controllato tutto il tempo. Erano tutti vestiti uguali, tutti di nero e con il passamontagna. Si vedevano solo gli occhi. Ricordo le scarpe: erano da ginnastica, nuove e colorate. Avevano guanti da giardinaggio chiari Erano in 4 o in 5, andavano e venivano per la casa. Non erano italiani, solo quello che ci controllava era in grado di esprimersi. Mia madre era terrorizzata, distrutta, e mio padre, che era stato colpito, cercava di girarsi per non farmi vedere il livido che aveva all’occhio”.

“La persona che era davanti a noi”, ha continuato a raccontare Manuele, “era armato di una specie di punteruolo e alla cintura di lato portava una pistola. Mi ha detto di non fare scherzi e ha iniziato a confondermi chiedendomi di tirare fuori la cocaina, ma io non ne facevo uso, e di consegnargli il rolex. Un altro incappucciato aveva un piede di porco. Poi ci hanno chiesto di dare loro le chiavi della cassaforte dell’appartamento di fianco al nostro dove vive mio zio, ma noi non le avevamo. Allora ci hanno fatto salire in camera e ci siamo trovati davanti alla finestra che dà l’accesso alla casa dello zio. A quel punto ne sono arrivati altri con dei borsoni dai quali hanno estratto dei flessibili. Ci hanno detto che avrebbero cominciato a fare rumore. Infine ci hanno riportato giù. Andavano e venivano per la casa, non sembravano persone impacciate”.

Non ha ricordato tutti i particolari, Manuele. “Eravamo tutti sotto shock, mio papà mi diceva di non guardare, di non fare niente, loro erano vestiti tutti uguali e non si capiva nemmeno quanti fossero. Erano tutti corpulenti, alti, mentre quello che ci parlava era più basso. Poi ad un certo punto hanno stretto la mano di mio papà, dicendogli che se ne sarebbero andati”.

I banditi erano fuggiti lasciando la casa a soqquadro e portandosi via un bottino ingente, tra gioielli, oro, telefoni, computer, capi di abbigliamento. Parte della refurtiva era stata persa in giardino durante la fuga, compreso il cacciavite di cui uno di loro era armato.

A giudizio ci sono Gimi Daniel Chiratc, 30 anni, Denisa Cristina Ciungan, 26 anni, Mihai Irinel Bazavan, 25 anni, Alin Constantin Sau, 33 anni, tutti romeni residenti nel cremasco, e Andrijana Andelkovic, 26 anni, serba.

Il processo è stato aggiornato al 21 dicembre. Nel frattempo è stato depositato dal perito l’elaborato contenente le intercettazioni telefoniche: in tutto 1.076 pagine. Proprio sulle intercettazioni, il collegio ha deciso di richiamare a testimoniare l’ispettore superiore della squadra Mobile della Questura di Cremona Luca Mori.

Sara Pizzorni

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