Cronaca

"Mio fratello, uomo autoritario". Il
figlio: "Zio, papà ha ucciso mamma"

Seconda udienza in Corte d’Assise a Cremona nei confronti di Eugenio Zanoncelli, 57 anni, operaio, accusato di aver ucciso la moglie Morena Designati, 49 anni, la sera del 24 giugno del 2020 nella loro villetta in via De Nicola a Palazzo Pignano. Secondo l’accusa, la vittima, affetta dal 2015 da sclerosi multipla, sarebbe stata colpita dal marito con uno schiaffo in volto e con un colpo di stampella: mandibola e costole fratturate. La donna era morta in seguito a shock settico.

La testimonianza del fratello dell’imputato:

A chiamare i carabinieri di Crema, alle 22,10 del 24 giugno, era stato Roberto Zanoncelli. Il fratello Eugenio, che poi si darà alla fuga, si era presentato davanti alla sua abitazione di Rivolta d’Adda, consegnandogli il nipote Andrea e il cellulare e dicendogli di aver ucciso la moglie. “Prima mi ha chiamato al telefono”, ha spiegato oggi Roberto, “mi ha detto che aveva ucciso Morena e che mi avrebbe lasciato Andrea perchè lui non mi avrebbe più visto. Poi mi è suonato il campanello, davanti a me c’era solo mio nipote che mi ha detto che papà aveva ucciso la sua mamma. Mio fratello è andato via in auto e io ho chiamato il 118”. “Tutto quello che ho, lo lascio a te e ad Andrea”, gli aveva detto Eugenio prima di scomparire.

“Con Morena avevo un buon rapporto”, ha raccontato Roberto, che non ha mai frequentato la casa del fratello e della cognata. “Era Morena a venire da me. Io abitavo con mia madre e mia cognata veniva da noi a Rivolta in auto con Andrea. Usava una stampella. Non mi ha mai confidato dissapori con il marito”.

Dopo la morte della madre, Roberto, metalmeccanico di professione, aveva cominciato a convivere  con la sua compagna. “Morena”, ha aggiunto il fratello dell’imputato, “aveva problemi di deambulazione. Anche solamente il tappeto di casa la faceva inciampare. Nel 2019 io e la mia compagna avevamo offerto ad Eugenio un montascale per la moglie, ma lui aveva rifiutato”.

Dopo la tragedia, con Morena morta e il marito in prigione, Roberto ha avuto l’affidamento di Andrea. “Ora sta bene, va a scuola, fa la terza media ed è stato promosso con bei voti. Ha un regime di vita più sereno. E’ un ragazzino molto autonomo, più grande della sua età. In casa doveva curare la mamma e sapeva molte cose che un ragazzino di 13 anni non dovrebbe sapere, come ad esempio conosceva la scadenza dell’assicurazione”.

“Era intimorito da tante cose”, ha spiegato Roberto, “ad esempio si preoccupava perchè in giardino aveva calpestato l’erba”. Andrea non è mai andato a trovare il papà in carcere, nè gli ha mai scritto. “Ha detto che papà può morire subito e che la casa può bruciare”. “In casa”, ha riferito il testimone, “Andrea si era adeguato al comportamento del padre. Per evitare sberle, faceva tutto quello che gli diceva lui. Mio fratello ha un carattere chiuso, è autoritario. Negli ultimi 6 mesi Morena era peggiorata e lui diceva che doveva fare tutto: lavarla, vestirla e cucinare, perchè lei non era più in grado. La malattia aveva un’evoluzione rapida, e questo lo angosciava. Ma non voleva essere aiutato, diceva che a sua moglie e a suo figlio ci pensava lui”.

Le dichiarazioni spontanee di Eugenio Zanoncelli 

Perchè Eugenio non si è mai rivolto ai servizi di assistenza domiciliare o al Comune per avere un aiuto per la moglie?, si è chiesta la Corte, composta dal presidente Anna di Martino, dal giudice a latere Francesco Sora e da sei giudici popolari, quattro donne e due uomini. “Non mi sono rivolto a nessuna struttura perchè non è così facile”, ha spiegato lo stesso imputato, rilasciando dichiarazioni spontanee. “Avevo detto a mia moglie di fare delle visite per alzare la percentuale di invalidità, ma lei non ha voluto. Avrei voluto licenziarmi per occuparmi di lei”.

La testimonianza del capo dell’imputato, operaio alla Bosch

In effetti Eugenio Zanoncelli, la mattina del 22 giugno, due giorni prima della morte della moglie, aveva inviato un messaggio al suo capo dell’azienda Bosch di Offanengo, dove lavorava come operaio specializzato. “Voleva licenziarsi”, ha confermato il responsabile del settore nel quale l’imputato lavorava. “Gli avevo risposto con un messaggio vocale dicendogli di non fare stupidaggini, ma lui aveva già pensato ad altri modi per poter andare avanti”. Il testimone ha anche riferito di aver visto spesso Eugenio piangere, lamentandosi della situazione a casa. “Gli ho detto che non era solo, che poteva rivolgersi a strutture pubbliche o all’assistenza domiciliare, ma in lui c’era una resistenza a voler accentrare quel peso solo su di sé”.

Le ex colleghe di lavoro di Morena e quei lividi sul corpo della vittima

Anche Morena, prima di ammalarsi, aveva lavorato. Era dipendente in un’azienda di cosmetici. In aula sono state sentite alcune ex colleghe di lavoro, come Fiorangela, che ha riferito di aver visto Morena con dei lividi. “Aveva un occhio nero e segni sul braccio e su una coscia. Lei diceva di aver sbattuto contro una finestra, poi contro una porta, e poi ancora contro un mobile. Ma io non ci ho mai creduto”.

Anche Vincenza aveva notato segni sul corpo di Morena. “Aveva lividi sotto l’occhio, sul polso e un dente saltato”. “Una volta”, ha ricordato la testimone, Morena le aveva detto che se non si concedeva sessualmente, il marito diventava irascibile. Una volta smesso di lavorare per via della sua malattia, i rapporti con le colleghe si erano interrotti. “Ho provato a chiamarla e a mandarle messaggi”, ha detto Vincenza, “ma da quando è stata a casa non si è più fatta sentire. Era una donna molto riservata”.

I fratelli di Morena

In aula hanno testimoniato anche Alessandro, Ivano e Giacomina Designati, i fratelli di Morena, tutti residenti a Pandino. “Dal 2015, da quando le era stata diagnosticata la malattia”, ha riferito Alessandro, “non abbiamo più avuto contatti. L’ultima volta che ho visto mia sorella è stato nell’ottobre del 2019 in occasione di una sagra a Pandino. Era venuta con il figlio a bordo di una vecchia Clio automatica che era appartenuta alla madre del marito. Se volevamo sentirla al telefono, lei ci chiedeva sempre di chiamarla quando non c’era il marito perchè lui non gradiva. Eugenio ci incolpava di non esserci presi cura di sua moglie”.

Sua sorella Morena, Giacomina l’aveva vista per l’ultima volta nel gennaio del 2020. “Aveva un livido su un sopracciglio, ma lei mi ha detto che era caduta. L’ho trovata peggiorata, anche se faceva ancora tutto da sola. Anche se era malata, il marito le faceva fare i mestiere e doveva fare da mangiare. Io andavo a trovarla quando era da sola perchè lei mi aveva fatto capire che suo marito non voleva. Non riuscivo tanto a parlare con mia sorella perchè lei non si confidava”.

La neurologa

Maria Teresa Ferrò è la neurologa che aveva in cura Morena dall’aprile del 2018 fino al 14 novembre del 2019. “Era affetta da sclerosi multipla progressiva comparsa nel 2013”, ha spiegato la testimone. “Aveva avuto una riattivazione della malattia gestita presso il centro sclerosi multipla di Crema, ed era sottoposta a visite e trattamenti. Aveva difficoltà deambulatorie, soprattutto alla gamba sinistra e un deficit al braccio sinistro”. “Aveva fissato una visita il 6 febbraio del 2020”, ha riferito la dottoressa, “ma non si è presentata dicendo di essere caduta dalle scale”. Dalla dottoressa Ferrò, Morena non era mai più tornata.

Contro l’imputato, assistito dall’avvocato Maria Laura Quaini, si sono costituiti parte civile la mamma e i tre fratelli di Morena, rappresentati dall’avvocato Alessandro Porchera, il fratello dell’imputato, assistito dall’avvocato Vito Cantore, e Andrea, il figlio di 13 anni della coppia, quest’ultimo rappresentato dall’avvocato Micol Parati e dalla collega Maria Luisa Crotti come curatore speciale.

La prossima udienza è fissata per lunedì prossimo. Tra i testimoni che verranno sentiti, anche il medico legale Margherita Fornaciari.

Sara Pizzorni

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