Cronaca

Minacce al vigile,
condannato imprenditore

Nella foto, l'imprenditore finito a processo

Pena di sette mesi. Questa la condanna inflitta oggi dal giudice a Toni Scovino, 50 anni, imprenditore di Crema, è finito a processo con le accuse di falsità materiale commessa da privato, uso di atto falso e minaccia a pubblico ufficiale. Per l’imputato, difeso dall’avvocato Vittorio Meanti, il pm aveva chiesto dieci mesi. Ora il difensore attenderà il deposito della motivazione e deciderà se ricorrere in Appello.

“Ti sei imbattuto nella persona sbagliata, vai a cercare rogne, hai proprio una brutta cera da cadavere”, aveva detto Scovino a Mattia Cerutti, all’epoca dei fatti agente della polizia locale di Crema, che lo ha denunciato.

L’episodio risale al 5 febbraio del 2016 in via D’Andre a Crema. L’imprenditore, amico ed ex socio di Lele Mora, l’ex agente dei vip, era in macchina e quel giorno avrebbe dovuto portare suo fratello, seriamente malato (in seguito è deceduto), al Policlinico San Matteo di Pavia per un ciclo di cure.

In aula il vigile aveva sostenuto di averlo visto parlare al cellulare. Il conducente si era fermato in un parcheggio e l’agente l’aveva raggiunto a piedi. “Gli ho chiesto i documenti perchè volevo contestargli l’uso del cellulare alla guida”, aveva spiegato Cerutti, “ma lui si è dimostrato poco collaborativo. Ho poi notato che aveva un contrassegno di area sosta per disabili e me lo sono fatto consegnare. Era visibilmente una copia dell’originale”. “In quel momento”, aveva raccontato il vigile, “è arrivato il fratello, intestatario del permesso, dicendomi che l’aveva lasciato nella disponibilità del congiunto”. Secondo il vigile, quelle parole pronunciate dall’imputato erano una volontà di dissuaderlo dal procedere alla contestazione.

In udienza,  Scovino aveva rilasciato dichiarazioni spontanee, sostenendo di essere stato al telefono con sua madre per dei documenti da portare in ospedale, ma di essere stato in viva voce. “Per quanto riguarda il permesso, sì, era una copia, mio fratello ne aveva già persi tre e uno l’aveva lasciato a me. Quel giorno lo dovevo accompagnare a fare una visita importante, ma quel vigile mi ha trattenuto e la visita è saltata. Mi ha tenuto fermo tre ore e poi ha chiamato la cavalleria con altre pattuglie. Si è comportato in modo poco professionale”.

Sara Pizzorni

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