Cronaca

Baby criminali, sociologa Leccardi
"Aggressività legata a pandemia"

Aggressioni, rapine, sfide estreme, atti vandalici: un lungo elenco di episodi criminosi, che nel nostro territorio ha visto protagonisti, nelle ultime settimane e mesi, minorenni, anche giovanissimi. Una deriva che preoccupa non poco il mondo istituzionale ma anche educativo cremonese. Cosa sta succedendo? Ne abbiamo parlato con Carmen Leccardi, professore ordinario di Sociologia della Cultura presso l’Università di Milano-Bicocca e coordinatrice scientifica del dottorato di ricerca in Sociologia applicata e metodologia della ricerca sociale, esperta nelle dinamiche giovanili.

“Non si tratta di una realtà che riguarda solo Cremona, bensì è diffusa in tutta Italia e all’estero. A scuotere l’opinione pubblica sono stati episodi di pestaggi di massa da parte di adolescenti e giovanissimi, che si davano appuntamento in diverse piazze per picchiarsi.

Ma per capire questi e altri episodi analoghi, compresi quelli accaduti a Cremona, si deve partire da lontano, ossia da un’analisi più generale su cosa significa essere oggi adolescenti e giovanissimi. Mentre fino a qualche decennio fa in questa età l’idea era di crescere e ci si proiettava nel tempo futuro, con una stretta relazione tra ciò che si faceva nel quotidiano e quanto si voleva costruire più avanti nel tempo, le cose ora sono molto cambiate. Oggi, infatti, è quasi scomparsa l’idea della transizione all’età adulta”.

Per quale motivo?

“In questo periodo storico in Italia, Europa e nei Paesi del nord globale, considerati da tempo industrializzati ed entrati negli ultimi decenni in una fase di finanziarizzazione capitalistica, diventare adulti è sempre meno un percorso lineare e prevedibile, quindi il quotidiano diventa il punto di riferimento della vita e dei sogni di questi ragazzi.

Dunque se si entra in un periodo, come questo della pandemia, di continue impossibilità (di incontrarsi, di trascorrere il tempo a scuola, di stare con gli amici dopo la scuola), con il mondo sociale che subisce un’incredibile frenata, questi giovani non hanno più la possibilità culturale e sociale. A fronte di questo, oggi, nelle speranze e nelle visioni di questi giovanissimi, insiste l’idea che manca qualcosa. Manca la possibilità di esserci e di esistere.

Quindi si è e si agisce solo quando si può dare sfogo a una serie di dinamiche che purtroppo hanno anche a che fare con l’aggressività, che noi adulti riusciamo a tenere sotto controllo. A questi giovanissimi manca quel filtro o mediazione che consenta loro di riflettere in modo distaccato e ponderato su quanto sta accadendo. Ciò accade perché la dad non è lo strumento adatto alla relazione, e anche le famiglie sono in difficoltà nel venire a capo di questa situazione, che ha portato anche dinamiche di depressione e disturbi psicichi. Dinamiche che si sono anche diffuse tra gli adolescenti”.

Dunque possiamo ritrovare nell’emergenza sanitarie in quanto ne è conseguito una delle cause primarie di questa deriva violenta?

“Si, credo che sia necessario considerare questa esplosione di aggressività in relazione agli ultimi mesi in cui i  giovani, man mano che le restrizioni si sono attenuate, hanno ricominciato a uscire e hanno avuto maggiori possibilità di incontrarsi. Questo ha permesso loro di scoprire che il loro stato d’animo era anche quello dei loro coetanei. Che permaneva in loro la paura di non poter più esprimere se stessi nei modi in cui avrebbero desiderato, come la condivisione del tempo con i coetanei, il ritrovarsi e riconoscersi, perché la dad non lo consentiva. Perché per quanto utile, il lavoro online non sostituisce il faccia a faccia. Viene meno il tempo intersoggettivo e condiviso. Un tempo della vita quotidiana.

La mancanza di questa condivisione ha quindi generato un’aggressività che non ha potuto trovare i consueti sfoghi, come l’attività sportiva o lo stare a parlare con gli amici fino a tarda sera, ha portato questi episodi di violenza”.

Come mai il mondo degli adulti non è stato in grado di arginare questi fenomeni?

“Per capire queste dinamiche dobbiamo riuscire a comprendere la nuova e purtroppo problematica relazione tra istituzioni sociali, scuola, famiglia, lavoro, e questi giovanissimi. Perché queste istituzioni non sono più in grado di trasmettere messaggi positivi, come “Fidati di me che ti traghetterò avanti nel tempo e ti garantirò la realizzazione dei tuoi sogni”. E’ come se le istituzioni sociali fossero diventate sempre più aride e incampaci di garantire i sogni delle giovani generazioni. E’ ovvio che questo non giustifica aggressioni e rapine, ma è lo sfondo in cui particolari gruppi sociali possono aver messo in atto queste violenze”.

In che modo, allora, il mondo degli adulti può correre ai ripari?

“Il primo elemento è che occorre prendre consapevolezza. Siamo stati tutti giovani e giovanissimi, ma ogni periodo storico dà la propria impronta alle età della vita. Essere stati giovani negli anni 60, 70 o 80 non era come esserlo oggi. Noi adulti, genitori, insegnanti, nonni, abbiamo l’obbligo di fare uno sforzo, cercando di ragionare con più calma sul fatto che abbiamo bisogno di trasmettere messaggi positivi alle giovani generazioni. Che non sono dire “Va tutto bene” perché sappiamo che non è così e conosciamo i problemi che il nostro pianeta ha.

Ma bisogna essere in grado di riflettere sul particolare periodo storico e sociale che questi ragazzi vivono e dare loro la fiducia che saremo al loro fianco per chiarire, discutere e ragionare, dando loro la possibilità di avere una sponda. Qualcuno che li sa ascoltare e dare delle risposte sulla base della propria esperienza”.

Laura Bosio

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