Cronaca

L'attivista Govoni: "Rinviato
indefinitamente il mio processo"

E’ stato “rimandato indefinitamente” il processo a Nicolò Govoni. A renderlo noto, lo stesso attivista cremonese sulla propria pagina Facebook: “Non so se festeggiare o disperarmi. Potrebbero volerci mesi o anche anni adesso – questa è la realtà amministrativa di un paese disfunzionale come la Grecia, dove gli attivisti finiscono in tribunale mentre i ladri e i criminali di Stato godono di una protezione quasi incondizionata. Senza dubbio significherà vivere con la spada di un’accusa fasulla che pende sul mio capo a oltranza. Ma di una cosa sono certo: questo non ci fermerà. Loro non ci fermeranno. Nulla potrà mai farci stare zitti. Anzi, da oggi combatteremo la corruzione con tenacia ancor più incrollabile”.

Govoni era stato accusato per utilizzo di fuochi d’artificio senza i permessi necessari. Nei giorni scorsi aveva svelato ulteriori dettagli circa la denuncia subita: “Non è un civile, un cittadino come pensavamo. No, è la polizia in persona a trascinarmi in tribunale a Samos – la stessa polizia che per anni ho pubblicamente denunciato per abuso di potere e violenze contro i minori profughi. Questa è la verità emersa dai documenti della denuncia, ora in mano al nostro avvocato. Ma c’è di più, ed è la cosa più agghiacciante: il poliziotto che mi ha dato il permesso di usare i fuochi d’artificio il pomeriggio del 6 agosto 2019 e quello che ha fatto la denuncia quella sera sono la stessa persona. Era una trappola, mi stavano semplicemente aspettando al varco. La prova? Le menzogne che hanno scritto sull’accaduto così da convincere la Procura a perseguirmi per un crimine che non ho commesso”.

“Il nostro avvocato – ha aggiunto – è riuscito a rintracciare la negoziante che, anche a due anni di distanza, ricorda ancora la telefonata fatta al poliziotto, e ora stiamo lavorando per ottenere da lei una dichiarazione giurata. Sarà cruciale, se vogliamo che questo sia un processo lecito e non una farsa. Perché, purtroppo, il rischio esiste. E qui arriva la parte più folle. Il poliziotto ha mentito nella sua deposizione. I documenti della denuncia affermano che, su indicazione del nostro avvocato, io mi sarei nascosto quella sera, e così i giorni a venire, per sfuggire a un eventuale arresto. Questo è pazzesco, e tutto il Team di Mazì lo può confermare”.

L’attivista quindi ricostruisce: “La verità è che, all’arrivo della polizia quella sera, io mi ero già allontanato per riaccompagnare i bambini all’hotspot, e la mattina dopo ero a Scuola, a insegnare, come sempre. Se avessero voluto arrestarmi, lo avrebbero potuto fare senza fatica. E se non l’hanno fatto è solo perché temevano il polverone mediatico che l’arresto di un attivista avrebbe causato. E la vuoi sapere la parte migliore? La dichiarazione dei vigili del fuoco, anch’essi presenti quella sera, smentisce completamente quella del poliziotto, all’interno proprio della sua stessa denuncia. Al loro arrivo, me n’ero già andato. Non mi sono mai nascosto”.

“Anche con tutte queste prove – dice il cremonese – a nostro favore, parte di me teme ancora una condanna fraudolenta. Dopotutto, Samos è un villaggio di 6 mila abitanti con la sua procura e il suo tribunale, la sua polizia e i suoi giudici – un villaggio che da anni ospita impunemente una delle strutture più illegali d’Europa – quindi come potrà essere un processo davvero equo il mio?”

“Sappiamo – sottolinea Govoni – il nome del poliziotto in questione, ed ero pronto a divulgarlo, ma il nostro avvocato me l’ha sconsigliato. Non hanno nulla in mano contro di noi, e attaccandoli apertamente faremmo loro solo un favore. E quindi continueremo a essere irreprensibili, non scenderemo al loro livello. Continueremo a testa alta sperando che la verità trionfi. Deve farlo. Perché un’eventuale condanna potrebbe penalizzare non solo me stesso ma anche Still I Rise e il servizio che offriamo ai nostri studenti. Una condanna potrebbe influire negativamente sulla nostra capacità di chiedere sovvenzioni o di ricevere visti ed espandere così il nostro operato in nuovi Paesi”.

Il cremonese poi va giù duro: “La Grecia è il Far West d’Europa – un Paese in cui banditi mascherati bucano i gommoni dei migranti, in cui la polizia fa giustizia privata, in cui il fascismo imperversa – e questa è la resa dei conti che aspettavamo dal 2018. Il nostro avvocato si dice molto fiducioso sull’illegittimità dell’accusa e quindi sull’esito del processo, eppure io non riesco a riposare. Il contenuto della denuncia conferma una premeditazione, un disegno più subdolo dietro la scusa di dei fuochi d’artificio. Non sono certo il primo e purtroppo non sarò l’ultimo a cui succede – questa è la criminalizzazione di aiuta, di chi sfida il potere”.

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