Ambiente

Acciaieria Arvedi chiede il ripristino
della verità: "Pronti alle vie legali"

L'azienda siderurgica cremonese replica con una nota ad un articolo pubblicato da "Il Fatto Quotidiano" e ad alcuni servizi televisivi realizzati dall'emittente "Telecolor"

Il gruppo Arvedi replica con una nota ad un articolo pubblicato dal giornale “Il Fatto Quotidiano” lo scorso 21 aprile dal titolo “L’altra Ilva inquina nel silenzio”. Secondo i vertici di Acciaieria Arvedi, questo articolo presenta “un titolo ed un contenuto diffamatori” nei confronti dell’azienda. Peraltro, l’articolo è stato ripreso in più occasioni da un’emittente televisiva locale (“Telecolor”), “corredato – si legge nella nota – da congetture ancora più irrispettose della realtà dei fatti e del riconoscimento del corretto lavoro e della dignità dell’azienda e dei suoi lavoratori”.

“Né il Fatto Quotidiano né l’emittente locale – prosegue l’azienda – hanno fino ad oggi ritenuto di pubblicare la formale richiesta di rettifica inoltrata dal nostro legale Prof. Vincenzo Zeno-Zencovich. In assenza di tale rettifica, peraltro prevista dalla legge sulla stampa (art. 8 legge 47/1948), Acciaieria Arvedi, a tutela della propria immagine, consapevole della vera realtà e conscia del corretto lavoro svolto, intraprenderà le vie legali”.

Il gruppo siderurgico cremonese precisa infatti come Arvedi sia “una delle 23 acciaierie del nostro Paese che producono acciaio da forno elettrico mentre due sono i siti (Taranto e Trieste) che producono acciaio da ciclo integrale”. Trieste, gestito dal gruppo Arvedi per alcuni anni, è stato fermato da poco. Si tratta, evidenzia l’azienda, “di due processi di produzione differenti: infatti, per quanto riguarda il forno elettrico si parte da un prodotto finito, ossia il rottame, derivante da scarti della società civile e dal residuo di lavorazioni meccaniche, usando l’energia elettrica come energia di fusione. Il ciclo integrale invece – spiega l’impresa – parte dal minerale e come energia di fusione impiega il carbone: sono quindi due cicli e due processi che implicano servizi e strutture totalmente diversi”.

In questo contesto, Acciaieria Arvedi sottolinea come “il rispetto e la sicurezza delle persone e della natura siano le priorità culturali e operative che ispirano il nostro buon lavoro dimostrato in tanti anni di attività”. Peraltro sempre l’azienda evidenzia come il sito produttivo sia soggetto a rigorosi controlli da parte delle autorità competenti: inoltre, si legge ancora nella nota aziendale, “in modo volontario, Acciaieria Arvedi si è dotata di un sistema di autocontrollo e monitoraggio effettuato da aziende terze su tutte le performances ambientali dello stabilimento (emissioni in atmosfera, carichi idrici, rifiuti prodotti, rumore e biodiversità)”.

Sempre contestando il merito dell’articolo pubblicato da “Il Fatto Quotidiano”, il gruppo cremonese contesta “l’uso distorto che si sta facendo dei dati forniti dal dottor Ricci (già dirigente dell’Ats locale), allo stato attuale non attendibili, e di cui si è annunciata la presentazione domani in una conferenza stampa a Cremona: l’azienda – conclude la nota – è da sempre disponibile a collaborare con le autorità preposte per arrivare alla elaborazione di un’indagine epidemiologica rigosa e scientifica”.

Nella lettera di richiesta di rettifica inviata da Acciaieria Arvedi a “Il Fatto Quotidiano” e “Telecolor”, l’azienda ribadisce come i dati forniti dal dottor Ricci, “oltre che dichiaratamente provvisori, sono statisticamente ed epidemiologicamente inattendibili in quanto basati sul confronto fra realtà profondamente diverse: è metodologicamente scorretto infatti confrontare i tassi di morbilità e mortalità del Comune di Cremona (70.000 abitanti) con quelli di cento altri comuni della provincia la cui popolazione varia fra i 300 (Derovere) e i 4.800 (Bagnolo) abitanti”: le conclusioni che si ricavano da questo confronto sono quindi fallaci.

Inoltre, Acciaieria Arvedi ricorda come “appena conosciuta, nel 2019, l’esistenza della ricerca del dottor Ricci, si è messa a disposizione della Azienda sanitaria per fornire tutti i dati reali sulle emissioni della sua attività”. Ma Ricci non avrebbe accolto questa disponibilità. “I dati sulle emissioni – dice ancora l’azienda – sono registrati ogni tre secondi dai sistemi di monitoraggio ambientale in continuo, installati nelle acciaierie e vengono regolarmente forniti all’Arpa: essi comunque sono di gran lunga inferiori a quelli autorizzati dalla Aia (Autorizzazione integrata ambientale)”. Inoltre, tutti i permessi e le procedure che hanno portato al rilascio delle autorizzazioni per l’impianto produttivo sono pubblici e disponibili a tutti i cittadini sul portale “Silvia” della Regione Lombardia.

Infine, l’azienda evidenzia come da anni sia “particolarmente impegnata a livello nazionale ed europeo nella promozione di produzioni industriali a maggiore sostenibilità ambientale, ottenendo le più avanzate certificazioni europee” e come abbia fornito “attraverso le associazioni di categoria, approfonditi studi per orientare gli investimenti verdi nell’imminente Recovery Plan”.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...