Cronaca

Violenza sessuale: 10 anni dopo
i fatti il Dna "smaschera" l'autore

A distanza da dieci anni dai fatti, Alfred, 43enne albanese, smascherato dal Dna, si trova a processo con l’accusa di aver violentato, nel luglio del 2010, una prostituta sulle strade del cremasco. Oggi l’uomo, che fa il muratore, è sposato con due figli, e vive in provincia di Como. “Sì, nel 2010 frequentavo il territorio cremasco”, ha ammesso fuori udienza, “e mi è capitato di avere rapporti con delle prostitute, ma è sempre stato consensuale. Non ho mai violentato, nè picchiato nessuno”.

Ad accusarlo c’è però un codice numerico: un test identificativo del Dna effettuato dalla Banca nazionale presso il ministero dell’Interno alla quale nel 2012 i carabinieri del Ris di Parma avevano inviato alcuni reperti affinchè fossero analizzati. Otto anni dopo, il responso: l’autore della violenza sessuale sarebbe proprio il 43enne albanese. “I marcatori analizzati”, ha detto oggi in aula l’esperto della Banca del Dna, “hanno riscontrato un valore identificativo superiore a 20. Con 10 c’è già una identificazione affidabile, con 20 c’è una ragionevole certezza”.

La violenza sessuale, come ha raccontato il luogotenente Giovanni Ventaglio, comandante del Nucleo radiomobile dei carabinieri di Crema, si era consumata alle 2,30 della notte del 9 luglio del 2010. I militari, in seguito ad una telefonata, avevano trovato Silvia, prostituta romena, con il volto tumefatto. La donna stava esercitando nella zona industriale di Vaiano Cremasco. Era stata assalita alle spalle, picchiata e caricata in una Volkswagen Passat grigia, dopodichè era stata portata a Gradella di Pandino dove era stata violentata. Una volta soccorsa era stata accompagnata al pronto soccorso dell’ospedale di Crema e poi alla clinica Mangiagalli di Milano.

Durante le indagini, i carabinieri, che avevano percorso il tratto di strada dove la donna si prostituiva, avevano trovato la sua borsetta, le sue ciabatte, i suoi orecchini e alcuni fazzoletti di carta che erano stati inviati ai carabinieri del Ris di Parma per essere analizzati. Dai risultati era emerso un profilo genetico ignoto collegato però ad uno stesso soggetto che nel 2007 aveva violentato un’altra prostituta a Cinisello Balsamo.

Nel frattempo la vittima romena, oltre a riconoscere i suoi effetti personali recuperati sulla strada a Vaiano, aveva fornito ai carabinieri una descrizione molto precisa, sia del suo assalitore, che aveva un tatuaggio sul braccio sinistro con scritte cinesi, sia della macchina, soprattutto dei suoi interni.  Auto che la donna aveva detto di aver notato anche nei giorni precedenti la violenza. Durante le indagini, alla vittima erano state mostrate alcune foto, e la donna aveva riconosciuto in una di esse il suo assalitore. “Quella foto”, ha spiegato il luogotenente Ventaglio, “era stata inserita insieme a tante altre, ma all’epoca dei fatti l’uomo che era stato identificato non era più in Italia. Aveva però una certa somiglianza con l’imputato”.

Da parte sua, il legale della difesa, l’avvocato Gianantonio Testa, del foro di Como, ha fatto notare che il tatuaggio descritto dalla vittima non corrisponde a quello del suo cliente, nè corrisponde la descrizione degli interni dell’auto dell’imputato, proprietario di una Volkswagen Passat, ma non, secondo la difesa, di quella utilizzata nel 2010 per consumare la violenza.

Nel 2012, dopo aver ottenuto il profilo genetico ignoto, i carabinieri del Ris avevano inviato i reperti alla Banca dati del ministero dell’Interno per una comparazione del codice genetico. Otto anni dopo, nel 2020, era arrivata la comunicazione che l’esame del Dna estrapolato dai fazzoletti aveva portato ad un nome: quello di Alfred, che nel 2017 era finito in carcere. In quell’occasione gli era stato prelevato il Dna, risultato compatibile con il profilo estrapolato dai fazzoletti.

Oggi in aula l’imputato era presente, seduto al fianco del suo avvocato. Non c’era però la vittima, che avrebbe potuto identificarlo. Della donna, cercata a lungo dai carabinieri, non c’è più traccia. E’ ipotizzabile che sia tornata in Romania. I giudici, che hanno rinviato l’udienza al prossimo 12 ottobre per sentire altri testimoni, hanno disposto le sue ricerche anche all’estero.

Sara Pizzorni

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