Ambiente

Educazione alimentare, Cremona
adotta la "politica del cibo"

L’eredità di Expo 2015 porta oggi il Comune di Cremona a farsi coordinatore dei tanti soggetti che a vario titolo si occupano di cibo, dalla produzione, alla distribuzione, fino al consumo e alle associazioni che si occupano di lotta contro lo spreco alimentare, passando attraverso le università. Il funzionamento e gli scopi di questa nuova “politica del cibo” sono stati presentati in commissione Ambiente dalla funzionaria Cinzia Vuoto e dall’assessore al’Ambiente Simona Pasquali.

“La Food Policy – si legge nel documento illustrato – è un insieme di politiche che delineano una visione condivisa sul futuro rapporto della città con il cibo e definiscono le azioni chiave per attuare questa visione, armonizzando i vari progetti che l’Amministrazione già porta avanti sul tema dell’alimentazione. 
Il processo si attua mediante il coinvolgimento attivo della cittadinanza e di tutti gli attori che operano in città o che vivono le diverse dimensioni del cibo, al fine di capitalizzare una pluralità di risorse, idee, competenze, investimenti. La Food Policy è un progetto per tutta la città: pertanto il Comune assume il ruolo di supporto, di stimolo e di facilitatore di tutte le forme di innovazione sociale, tecnologica e organizzativa che rispondono ai principi enunciati nella Food Policy stessa e che possono concorrere all’attuazione degli indirizzi in essa contenuti.

Diverse città italiane hanno avviato politiche locali del cibo ed in particolare Milano, prima città che si è dotata di questo strumento di governance, Torino, che si è dotata dell'”Atlante del cibo” coordinando Università, Istituzioni, categorie economiche per costruire azioni e conoscenze sul sistema del cibo attraverso iniziative di mappatura, coinvolgimento della cittadinanza, comunicazione.

L’economia di Cremona è profondamente legata alla produzione agricola delle campagne, conosciuta come Po Food Valley, dove l’eccellenza nell’agricoltura, nell’allevamento e nell’industria alimentare si sono sviluppate nel corso dei secoli, dando vita a una perfetta sinergia tra ricerca e territorio. Nel territorio rurale di Cremona, convivono grandi imprese agricole specializzate in una parte della filiera alimentare, connesse alla scala nazionale e globale, e piccole aziende agricole che, in quanto anello debole, faticano nel mantenere la loro vocazione di presidio territoriale a tutela del capitale naturale.

Come in molte altre realtà italiane e straniere, anche a Cremona, sono attive da tempo diverse valide iniziative ed esperienze legate al cibo sostenibile, nate dalla libera iniziativa di cittadini ed associazioni particolarmente sensibili, che tuttavia rischiano di perdere la capacità di accompagnare la transizione verso sistemi alimentari integrati ed innovativi, perché sono, in molti casi, sconnesse con altre interessanti azioni istituzionali settoriali e mancano di confronto, spazi di dibattito pubblico e di coordinamento.

Sono esempi di queste realtà la cooperativa Rigenera, esperienza di Agricoltura Sociale, la Filiera Corta Solidale, i Gruppi di acquisto Solidale, il Distretto agricolo solidale cremonese. Da evidenziare la particolare esperienza delle mense scolastiche comunali nelle quali si applicano da tempo i principi legati alla sostenibilità ambientale delle diete e si promuovono attività di sensibilizzazione contro lo spreco di cibo. A questo proposito si deve citare il Protocollo d’intesa siglato dal Comune con l’associazione NoSpreco, con l’intento di coordinare e promuovere le attività di recupero e distribuzione delle eccedenze alimentari a scopo benefico e sociale”.

“Per costruire una proposta di Food Policy per il territorio di Cremona è necessaria un’adozione formale dell’impegno a realizzarla. Il documento può avere vari gradi di dettaglio, ma deve includere alcuni elementi fondamentali: la durata (non inferiore a 4/5 anni, il minimo per osservare i primi effetti) e i principi fondamentali sulla quale si fonda la politica. In secondo luogo, l’Ente si impegna a identificare le risorse umane interne e/o esterne per intraprendere il percorso di implementazione. In questa fase è importante istituire l’Ufficio delle Food Policy, formato da risorse umane provenienti da dipartimenti e settori differenti, in modo da garantire la multidisciplinarietà e, pertanto, cogliere la multidimensionalità della questione del cibo.

Un successivo passaggio importante nel percorso di Food Policy è l’istituzione del Consiglio del cibo, costituito dai rappresentanti dei gruppi di Stakeholder individuati dall’Ente come maggiormente rappresentativi, con l’obiettivo di costituire l’arena di dibattito all’interno della quale i responsabili della politica alimentare, gli attori del sistema agroalimentare, i rappresentanti dei cittadini (presidenti di quartiere), le associazioni, si riuniscono per discutere, valutare, e rappresentare criticità e punti di forza della Food Policy, proponendo visioni e individuando soluzioni.

Il Consiglio del cibo è il principale strumento della Food Policy, capace di garantire trasparenza e partecipazione, accompagna tutte le fasi della strategia e pertanto è uno strumento di governance che viene sollecitato costantemente. Il Consiglio del cibo definisce gli obiettivi prioritari della Food Policy che sono proposti dal Consiglio del cibo ma che sono discussi attraverso una consultazione pubblica, sia online che offline. Gli obiettivi prioritari vengono quindi elaborati in sede di Consiglio del cibo e restituiti nel documento strategico “Verso una Food Policy del territorio cremonese”.

Successivamente, gli obiettivi prioritari vengono dettagliati in principi, indirizzi e azioni, nell’ambito di tavoli tecnici tematici di progettazione partecipata, costituiti da specifiche professionalità selezionate all’interno del Consiglio; i risultati di questo lavoro danno vita a progetti specifici per ogni tema individuato.

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