Cronaca

Confartigianato, Cna e Confcommercio per riapertura di parrucchieri ed estetisti

Cna, Confartigianato e Confcommercio, all’unisono, chiedono che parrucchieri, gli acconciatori e centri estetici possano lavorare. Una posizione riassunta in un documento presentato alle Istituzioni locali.

Le Associazioni di categoria sono contrarie alle restrizioni imposte dal Governo, peraltro ancora più severe di quelle adottate negli ultimi mesi.

Un inasprimento che le realtà di rappresentanza ritengono inutile e privo di ogni logica per queste categorie specifiche. Per questo sollecitano tutti i livelli istituzionali a correggere un provvedimento che è, per loro, sbagliato e inaccettabile.

“Si tratterebbe – sottolinea Angelo Biazzi, presidente provinciale di Confartigianato Benessere – di un provvedimento ingiustificato nei confronti delle imprese di acconciatura ed estetica che in questi mesi hanno applicato con la massima diligenza le linee guida dettate dalle autorità sanitarie e dal governo, intensificando le già rigide misure previste dal settore sul piano igienico-sanitario. Si sono riorganizzate per garantire la massima tutela della salute degli imprenditori, dei loro collaboratori e dei clienti”.

“La sospensione delle attività svolte in sicurezza – denuncia Massimo Rivoltini, presidente provinciale di Confartigianato Cremona – finirà per innescare l’impennata dell’offerta di prestazioni da parte di operatori abusivi che rappresentano il vero pericolo per la salute dei cittadini, oltre che danneggiare ulteriormente sul piano economico le aziende in regola”.

Senza considerare che “a fronte di ulteriori misure restrittive gli imprenditori non possono attualmente contare su alcuna certezza per quanto riguarda gli interventi di ristoro”. A questo proposito, l’ufficio studi di Confartigianato ha rilevato che, nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, per l’effetto combinato di mancati ricavi a causa della chiusura e della concorrenza dell’abusivismo, le imprese di acconciatura e di estetica hanno registrato una perdita economica di 1.078 milioni di euro, pari al 18,1% del fatturato annuo.

Confartigianato chiede dunque al Presidente della Regione Lombardia, Fontana, di avviare “una forte azione” da parte della Regione nei confronti del Governo affinché quest’ultimo riconsideri le misure restrittive riguardanti le attività di acconciatura, estetica e simili consentendone lo svolgimento anche nelle zone rosse, a tutela della salute dei cittadini e dell’economia del settore”.

Un appello che già nei giorni scorsi Confartigianato aveva rivolto a Regione, quando ancora non era chiaro se in questi giorni da zona rossa le attività potessero o meno restare aperte. “Sicuramente  – fanno sapere – c’è molta preoccupazione nel settore, senza ancora nessuna ipotesi di interventi di “ristoro” questo nuovo lockdown con chiusura totale significherebbe certamente altre drammatiche, gravi perdite”.

“Ci siamo battuti, nel primo lockdown perché venisse messa mano ad un provvedimento discriminante come quello che ha impedito ai centri estetici di lavorare”, spiega Sonila Drita, presidente del neocostituito gruppo di Confcommercio Cremona che aggiunge: “C’è stato un pronunciamento del Tar che riconosceva queste attività essenziali quanto altre che erano consentite. Ora ci ritroviamo da capo, con una chiusura forzata che è ancora più difficile da accettare perché rasenta l’accanimento verso il nostro settore”.

Una decisione che “non potrà che avere conseguenze negative”. “In questo modo, infatti – aggunge Drita -, anziché favorire la sicurezza la si rende più fragile, aprendo il fronte all’abusivismo. Non nascondiamo, per questo, la nostra delusione, come imprenditrici e come cittadine. Come Confcommercio, da sempre, siamo per una cultura della legalità e dei diritti. Crediamo nella professionalità, nel controllo rigoroso, nel rispetto di tutti i parametri di attenzione alla persona che il nostro lavoro richiede. E che possono essere garantiti solo nei nostri laboratori”.

“Chiunque, tra i nostri clienti, può garantire che la maggior parte delle norme su salute e sanificazione imposte negli ultimi mesi erano prassi abituale per le nostre professioniste prima che solo si potesse pensare al problema della pandemia. In questo troviamo le ragioni del diritto ad esercitare la nostra professione”.

“Attraverso l’Unione regionale e la Confederazione nazionale, come Confcommercio, chiederemo che si porti il problema del settore a tutti i tavoli di confronto con le Istituzioni – conferma Andrea Badioni, presidente di Confcommercio Cremona – e chiederemo la possibilità di lavorare per i centri estetici”.

“Speriamo, ovviamente, che questo lockdown possa concludersi velocemente, che la curva dei contagi permette di ritornare almeno in zona arancione”, rilancia Badioni che evidenzia: “Ma resta un problema di fondo: occorre andare oltre il ricorso generalizzato al ‘più chiusure più sicurezza’, un modello d’intervento rinnovato con l’odierno decreto, ma inefficace e ormai insostenibile per le imprese”.

“Serve attenzione al fronte economico (e in questo caso non facciamo riferimento ai soli centri estetici ma a tutta la filiera), da tempo in allarme. In questo modo si aumenta ulteriormente il rischio di cessazione definitiva dell’attività di tantissime imprese e di caduta dell’occupazione. Continuano, invece, a tardare i ristori dovuti: mancano indicazioni chiare ed è sempre più evidente che occorrerà decisamente rafforzare la dotazione finanziaria per gli interventi a valere sulle perdite di fatturato”.

“Chiediamo un incontro urgentissimo ai rappresentanti della Regione e del Governo – conclude Badioni – per approfondire la questione, per valutare l’impatto economico e sociale delle chiusure e sulle misure ancora attese del decreto ‘Sostegno’. Un decreto che non deve arrivare fuori tempo massimo”.

Per la CNA è “incomprensibile la chiusura di acconciatori ed estetisti in zona rossa. Soprattutto in considerazione del fatto che sarebbe stato possibile verificare e misurare l’efficacia dei protocolli di sicurezza a cui le imprese del settore si sono adeguate in maniera stringente e rigorosa nei mesi scorsi. Non è un caso che saloni di acconciatura e barbieri non abbiano in alcun modo rappresentato fonte di contagio”.

“Arrabbiati e delusi non possiamo accettare una seconda chiusura come se non fosse accaduto nulla in questi mesi”, dichiara la referente regionale di CNA per il settore benessere Brigida Stomaci che sottolinea: “Abbiamo fatto sforzi enormi in questi mesi. Abbiamo messo in discussione il nostro operato ed apportato tutte le migliorie possibili a quelle che erano già procedure di elevato standard di sicurezza. Se nel primo lockdown siamo stati più tolleranti nel comprendere i timori e le perplessità nei confronti del nostro lavoro, ora siamo davvero molto delusi perché tutti gli sforzi di confronto ed intermediazione sono stati vani”.

“Avremmo anche accettato un monitoraggio più stretto per verificare puntualmente il numero di contagi attribuibili al nostro lavoro, ma anche i sistemi di tracciamento hanno avuto enormi lacune. Questo continuo accanimento getta un’ombra di sfiducia nell’opinione pubblica sul settore, che sembra essere poco serio e poco incline al rispetto delle regole quando invece lo siamo per natura. Chi ha preso questo decisioni non conosce evidentemente i servizi che vengono erogati nei nostri centri.”

CNA ha manifestato in più occasioni la necessità di consentire la prosecuzione dell’attività in zona rossa anche alle imprese di estetica che, contrariamente a quelle di acconciatura, non si sono viste riconoscere tale possibilità neanche nei precedenti decreti. Tali imprese, al pari degli acconciatori, garantiscono, infatti, la massima sicurezza sia per organizzazione che per modalità di svolgimento del lavoro.

“Stupisce, pertanto, l’inversione di rotta contenuta nella nuova norma, laddove si conferma la sospensione delle attività di estetica in zona rossa e si reintroduce la stessa misura anche per quelle di acconciatura, cancellando con un colpo di spugna il lavoro serio e responsabile di confronto ed approfondimento con il CTS”.

Un’indagine curata dal Centro studi CNA ci conferma la drammaticità della situazione economica: quattro imprese artigiane su cinque sono finite in profondo rosso nel 2020. Un autentico “annus horribilis” per i micro imprenditori.

CNA chiede al Governo un cambio di rotta nelle modalità di determinazione e nei tempi di erogazione degli aiuti rispetto agli interventi dello scorso anno. In particolare, sottolinea la Confederazione, andrebbe evitata la tagliola del calo minimo di fatturato pari al 33%, sostituendo tale strumento con un meccanismo a scalare che riduca il beneficio da una certa soglia fino ad annullarlo per i valori di perdita inferiori alla media.

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