Ambiente

Ex Snum verso risanamento Arata: 'Ma il quartiere avrebbe preferito un'area verde'

Il prossimo 23 marzo incontro del Comitato di Quartiere con il vicesindaco Andrea Virgilio per parlare del comparto sud e del riassetto Cadore - Giordano

Una grande spianata che si estende a porta Mosa, tra via Giordano e via Cadore: questo lo scenario inusuale che si apre ai tanti cremonesi che da qualche giorno si fermano ad osservare come sta cambiando l’area dell’ex Snum. Dopo oltre trent’anni di abbandono, le ruspe oggi stanno abbattendo i fabbricati lungo via Cadore, con chiusura al traffico della strada, un ‘evento storico’, come afferma chi transita lungo via Giordano per fotografare la scena.

“Sinceramente l’idea di un’area verde, a noi che viviamo in zona, sarebbe molto piaciuta, ma temo che ormai sia tardi”, commenta Maria Cristina Arata, presidente del comitato di Quartiere Giordano – Cadore. L’avevamo chiesto espressamente a suo tempo, perchè non esistono giardinetti in questa zona e sarebbe stata la prima area di quel tipo su via Giordano. Siamo tornati a parlarne una quindicina di giorni fa in un incontro con il vicesindaco Virgilio, che avevamo chiesto per via dei semafori non funzionanti lungo via Giordano”.

“Il lavori che hanno preso il via da qualche giorno – continua Arata – hanno un aspetto positivo e uno negativo: finalmente si risolve una situazione divenuta intollerabile per via del degrado, della sporcizia e della mancanza di igiene di quella zona. Dall’altro ci preoccupa l’aumento di traffico indotto dal supermercato di cui si parla, che non farà che incrementare la nostra dose di automezzi, che già oggi consiste di 25mila veicoli al giorno”.

Il prossimo 23 marzo si terrà un incontro, ovviamente non in presenza ma in streaming, tra il direttivo del quartiere e lo stesso Virgilio e gli assessori maggiormente coinvolti, Bona e Pasquali. “Riproporremo i nostri ormai storici temi, che stiamo ripetendo da 5 anni: a cominciare dalla riorganizzazione della viabilità ricorrendo alle soluzioni alternative che quaesta amministrazione ha sempre proposto senza mai avere attuato nemmeno in parte. A questo punto ci sembrano soluzioni fantomatiche”.

E non c’è soltanto via Giordano: via Cadore presenta una serie di problematiche irrisolte, più volte segnalate anche dai giornali, dai marciapiedi dissestati ai monconi di piante tagliate; dalle auto parcheggiate dove capita, all’asfalto reso impraticabile dai continui cantieri e da rappezzi approssimativi.

CREMONELLA O MARCHIONIS? – E a proposito dell’ex Snum, discorso a parte merita il recupero che la nuova proprietà dell’area sta effettuando sul cavo sotterrano venuto alla luce e danneggiato durante le prime operazioni di demolizione effettuate dalla proprietà precedente.

Come scrisse lo storico Maurizio Mollica in un intervento del luglio 2018 su CremonaOggi, “parlando di memoria cancellata dal cemento è il caso di menzionare l’ex deposito Snum di via Giordano, che sta per essere smantellato e adibito a zona commerciale.
Nulla resta visibile del suo passato: tutto è stato interrato, livellato, rimosso e spianato ad inizio del 1900, ma nonostante questo, sotto di esso, scorre tutt’oggi un antico colatore medioevale. 

Il progetto è stato voluto primordialmente da Albricus de Sale nel 1180, come biforcazione della Cremonella, allo scopo di circondare le mura della città di Cremona con un sistema idrico che seguisse le pendenze e sbarrasse la “strata delle mura alle fanterie inimiche”.
La Cremonella, deviata e biforcata alla Porta Po Vecchia, seguiva quindi la attuale via Giordano, rendendosi parallela alla sovrastante via Cadore, vero muro sud della città già con il Podestà Bernardo De Orlando Rosso che le fece rinforzare, sfruttando dislivello tra le attuali due vie.

Le mura, lunghe per intero 5,5 km, divennero quindi dal 1250 il limite tra Cremona ed il Po (sul lato a sud) e tra Cremona e i Corpi Santi (su lati ovest, nord ed est).
Alla Cremonella si aggiunge, proprio nella area dell’ex deposito Snum, il Marchionis (da via Melone a Via Cadore) e la Fossa Civica, in grado di recuperare le acque in discesa dal tridente composto da via 20 Settembre, via Bonomelli e via XI Febbraio, nonché dalla zona di via Aporti.

Nella Fossa Civica confluivano quindi vari colatori del tridente, tra i quali: la fossa dei preti, la fossa viandina e il forcello.
L’energia delle acque era così importante da mantenere attivo, sin dal 1211, un mulino presso Porta Mosa.
Tale mulino era del Comune e nel 1447 fu deviata parte della corrente del Marchionis per alimentarlo sino alla fine del 1700, quando fu chiuso e demolito.
Tutto il sistema convergeva in uscita dalla città presso Porta Mosa tramite il Cavo Morta.

La Mosa era appunto una zona paludosa, fangosa, spesso interessata dalle piene del Po e lo stesso Quartiere, detto “del Diavolo” (ora conosciuto come Quartiere Nuovo e composto da via Pedone, via Santa Maria in Betlem…), soffriva fino a fine 1800 delle acque di rigurgito durante le piene.

Le vie vennero livellate col materiale di riporto della demolizione di S.Domenico, spostate da una parte all’altra della città con carretti trainati da ronzini.
I canali vennero tutti tombinati in varie epoche e con varie modalità, sino a sparire definitivamente agli occhi, destinati spesso a divenire parte dei sottoservizi urbani.
Lo stesso paleoalveo del Po cambiò rotta col passare dei secoli e si scostò dalla vicina città.
A quel punto furono il Morbasco e il Cerca a portare via le acque reflue da est e da ovest e a riconvogliarle al grande fiume presso “il Mento”.

Giuliana Biagi

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