Cronaca

Il commercio spera nella zona gialla: 'Non si può decidere che fare di ora in ora'

“Sarebbe giusto inserire la Lombardia nelle zone gialle”, afferma Andrea Badioni, presidente di Confcommercio Cremona. “Lasciarla in arancione ci sembra l’ennesima beffa, un ulteriore danno arrecato ad imprese già in ginocchio.

Non è comprensibile come ci siano due pesi e due misure nelle valutazioni fatte dal Governo e in quelle messe a punto dall’Europa.

La nostra regione, infatti, a differenza ad esempio dell’Emilia, non è classificata dall’Europa come un’area a rischio.

E lo stesso confermano i dati sulla propagazione dei contagi. Il problema è che sulla valutazione rischiano di pesare, ancora una volta, le informazioni non corrette che avevano determinato.

È incomprensibile ed inaccettabile che un errore (di cui attendiamo il risarcimento) ancora senza un responsabile (o un colpevole) rischia di continuare a fare danni. Si usi la logica e si facciano le valutazioni sulle ultime tre settimane con rilievi corretti, gli stessi che consentirebbero di entrare in zona gialla senza troppi problemi.

Si dice che “errare sia umano, ma perseverare sia diabolico”. Perché, dunque, si vuole evitare il ritorno in quella zona gialla che garantirebbe almeno un briciolo di certezza e di possibilità di programmazione alle attività commerciali.

Come potrebbero giustificare, di fronte alle imprese e a chi le rappresenta, di non aver deciso usando flessibilità e ragionevolezza.

Sulla stessa posizione è intervenuta anche la Confcommercio regionale che ha quantificato come il procrastinare la zona rossa peserebbe su oltre 45 mila pubblici esercizi in tutta la Lombardia. Una miriade di imprese, titolari e dipendenti, che potrebbero tornare a compiere l’attività di somministrazione, almeno fino alle 18.

Nessuno vuole mettere in secondo piano le esigenze sanitarie in questo caso, però, alla luce di numeri aggiornati, non tornare in zona gialla solo per una questione di rigidità della burocrazia è uno schiaffo per quelle tante attività già allo stremo e che vogliono semplicemente lavorare rispettando protocolli comunque severissimi e capaci di garantire la massima sicurezza.

Attività per le quali ogni giorno di chiusura fa, davvero, la differenza fino a rappresentare la possibilità di continuare a vivere e non arrendersi alla pandemia (e alla burocrazia)”.

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