Promotrice finanziaria raggirò clienti con promesse di investimenti. 'Ci siamo fidati'
E’ entrato nel vivo oggi con le prime testimonianze il processo nei confronti di Luigia Luisa Sansevrino, 63enne cremonese, promotrice finanziaria accusata di truffa a due coppie di clienti. Una carriera iniziata in banca, quella dell’imputata, attualmente irreperibile, e proseguita come promotrice finanziaria. Tra le sue presunte vittime, anche una coppia, marito e moglie, lui barbiere, lei operaia, oggi pensionati, che dopo essere diventati suoi clienti avevano cominciato ad investire del denaro.
“In lei c’era estrema fiducia”, ha detto il aula Ernesto, 79 anni, poca dimestichezza in questioni bancarie, titolo di studio di licenza elementare, nessun computer a casa, nessuna conoscenza informatica. Tutti i suoi risparmi e quelli della moglie erano gestiti dall’imputata. “L’avevo conosciuta nel 1999 quando lavorava per Area Banca”, ha raccontato Ernesto. “Mi ha chiesto di lasciarle gestire il mio patrimonio”.
Anni fa lui le aveva affidato due assegni da 100 milioni di vecchie lire ciascuno. “Siamo andati avanti per qualche anno, ogni due-tre mesi ci vedevamo in banca”, ha spiegato il testimone. “Poi lei ha iniziato a trasferirsi in altre società di investimento e io mia moglie l’abbiamo seguita. Le avevo affidato altri assegni e anche la somma di 50.000 euro in contanti”.
Secondo la procura, la Sansevrino, dal 28 dicembre del 2012 al 2 febbraio 2017, “approfittando del rapporto di fiducia”, si sarebbe fatta consegnare le credenziali “per porre in essere operazioni home banking estranee alla volontà” dei due clienti, “in particolare effettuando operazioni di addebito sul loro conto corrente acceso presso la Banca Popolare di Novara per l’importo complessivo di 18.000 euro” in favore di un altro suo cliente, facendo credere alla coppia “l’andamento positivo degli investimenti finanziari, redigendo ingannevoli fogli riassuntivi periodici che consegnava loro e dai quali risultava un patrimonio investito di 450.914 euro a fronte dell’effettivo patrimonio di 41.709,21 euro”.
La donna si sarebbe quindi procurata un “ingiusto profitto corrispondente alle provvigioni degli investimenti finanziari proposti” e causando ai due clienti (assistiti dagli avvocati Irene Maggi e Paolo Mirri) “un danno patrimoniale di rilevante gravità, costituito sia dalla riduzione finanziaria che dal mancato profitto inerente gli investimenti effettuati”.
Il rapporto tra Ernesto e la Sansevrino era andato avanti fino al 2016, fino a quando il cliente si era accorto che qualcosa non andava. “Non ci chiamava più”, ha detto, “aveva evidenti ritrosie ad incontrarci. A quel punto mi sono rivolto ad un amico che faceva il consulente finanziario e lì abbiamo scoperto che di soldi non ce n’erano più”.
In aula è stata sentita anche la testimonianza di Fabio, 58 anni, figlio di un altro cliente della Sansevrino, deceduto nel 2016. “All’inizio era brava, attenta, presente”, ha detto il testimone, “con mio padre si era creato un rapporto di estrema fiducia, tanto che prima del 2014 non sospettavamo nulla. Ma poi hanno iniziato a circolare voci di un suo comportamento non corretto. Allora ho deciso di fare una verifica sul resoconto degli investimenti e ho chiamato la sede di Azimut. Ho parlato con un operatore al quale ho chiesto se risultavano investimenti a favore di mio padre e non ne risultava nessuno, mentre dall’ultimo resoconto sempre fatto a mano dalla Sansevrino era indicata la somma di 350.000 euro. A richiesta di spiegazioni, lei mi aveva detto che quei soldi li aveva portati in Svizzera per proteggerli da perdite che avevano avuto”. La somma, nel giro di due anni, era stata poi restituita.
Nei confronti della seconda coppia di clienti, la Sansevrino, dal 22 settembre 2014 al 15 dicembre dello stesso anno, avrebbe approfittato del “rapporto di conoscenza” con questi ultimi, madre e figlio, “per carpirne la fiducia”, garantendo anche a loro “l’andamento positivo degli investimenti finanziari, e facendo loro credere, mediante l’utilizzo di ingannevoli fogli riassuntivi periodici, di essere in possesso di non meglio precisati certificati emessi dal Banco Popolare per rispettivi 113.000 e 25.000 euro, in realtà inesistenti”.
In questo modo, secondo l’accusa, la promotrice si sarebbe garantita il profitto dei due assegni, dell’importo rispettivamente di 7.000 e 3.000 euro “tratti sul conto corrente del Banco di Brescia e sul conto corrente della Banca Fideuram”, provocando anche a questi due clienti (assistiti dall’avvocato Paolo Zilioli) “un danno patrimoniale di rilevante gravità”.
Gli altri clienti saranno sentiti il prossimo 14 maggio.
Sara Pizzorni