Cronaca

Omicidio Bailo: Manuela morì per il taglio della gola. Il corpo nascosto ad Azzanello

Il 27 novembre scorso i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia avevano confermato la condanna a 16 anni di reclusione emessa in primo grado il 28 febbraio scorso nei confronti di Fabrizio Pasini, il 48enne ex sindacalista della Uil accusato di aver ucciso nella casa dei suoi genitori a Ospitaletto la collega di lavoro e amante Manuela Bailo, la 35enne di Nave scomparsa il 28 luglio del 2018 e trovata cadavere il 20 agosto successivo nelle campagne di Azzanello, nel cremonese. Non era stata però riconosciuta la premeditazione.

“Risulta provato”, scrivono i giudici nella motivazione, “che Manuela Bailo non morì per effetto del traumatismo patito al capo, ma che le furono inferti uno o due tagli alla gola quando la giovane era ancora in vita”. “Il decesso”, si legge, “non è avvenuto nelle circostanze descritte dall’imputato, ma a cagione di una ben diversa condotta da quella posta in essere e precisamente consistita nel taglio della gola della giovane amante”.

I giudici descrivono Pasini come “un abile manipolatore e consumato mentitore, non solo negli accadimenti della sua vita familiare e sentimentale, ma anche nei momenti, certamente tragici e tali da mettere in crisi gli equilibri di ognuno, immediatamente successivi al tragico epilogo del suo rapporto con Manuela Bailo. Non può infatti essere dimenticata l’abile operazione di depistaggio lucidamente messa in atto nei giorni immediatamente successivi dall’imputato per ritardare il più possibile la presa d’atto, da parte di familiari e conoscenti, della scomparsa della vittima il conseguente avvio delle ricerche”.

Manuela era stata uccisa tra le 4 e le 6 del mattino del 29 luglio nell’abitazione di Ospitaletto dove i due si erano visti dopo essere stati al lago, dopodiché Pasini aveva aspettato 24 ore e poi, verso le 11 del mattino del 30 luglio, aveva caricato il corpo della 35enne sulla sua Mitsubishi Asx intestata alla moglie e l’aveva scaricato in un fosso nelle vicinanze della cascina adibita a ricovero macchinari appena fuori dal paese di Azzanello. Lo avevano inquadrato le telecamere dei varchi.

Il 2 agosto era partito per la vacanza in Sardegna con la moglie e i due figli adolescenti. Per tutto il corso del suo soggiorno, l’uomo, già sospettato, era stato monitorato, fino al suo rientro, quando davanti alla porta della sua abitazione aveva trovato ad attenderlo i carabinieri.

Per i giudici, “la decisione di uccidere la giovane non è stata scatenata in Pasini da un impeto mosso in un contesto di gelosia o di rifiuto, ma dalla deliberata scelta dell’imputato di sopprimere l’amante anziché confessarle, accettando le conseguenze, l’impossibilità da parte sua di imboccare quella strada di consolidamento della loro relazione verso la quale egli stesso l’aveva sempre più illusa”.

Quanto al luogo del ritrovamento del cadavere, Pasini conosceva le campagne intorno ad Azzanello perchè  proprio in quella zona era solito praticare l’attività di softair, il tiro tattico sportivo. I giudici, non ritenendo che il delitto fosse premeditato, hanno definito il luogo in cui il cadavere era stato gettato “non ideale”, in quanto “non offriva adeguate garanzie in ordine alla definitività dell’occultamento” in ragione del fatto che quella cascina era frequentata dagli appassionati di soft air.

Quel luogo rispondeva piuttosto “alla primaria esigenza di spostare il corpo dall’abitazione della madre, avvalendosi di un nascondiglio prontamente disponibile, e non perchè era stato individuato nell’ambito di una preventiva pianificazione dell’omicidio”.

 Sara Pizzorni

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