Gloria, il pm: 'Uno dei delitti più efferati'. Chiesto l'ergastolo per Danho. A gennaio sentenza
Ergastolo per l’accusa di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e dei futili motivi. Questa la richiesta del pubblico ministero Vitina Pinto nei confronti dell’ivoriano di 38 anni Kouao Jacob Danho, operaio alla Magic Pack di Gadesco, a processo davanti alla Corte d’Assise per il delitto della figlia Gloria, di soli due anni.
Nella sua requisitoria, il pm lo ha definito “uno dei delitti più efferati che si possono compiere, quello sulla propria figlia”, mentre sulla premeditazione ha sostenuto che “Danho aveva già chiaro il suo progetto criminoso”. “Dietro questa vicenda”, ha detto il pm, “c’è la crisi di una coppia. La compagna voleva integrarsi ed emanciparsi, mentre lui non lo accettava”. Audrey Isabelle, la mamma di Gloria, è stata ritenuta dal pm “una teste altamente credibile e attendibile, e il suo dolore non si è mai trasformato in un intento ritorsivo”. L’imputato, per il pm, “non si è mai dato pace per la rottura con la sua ex, per la quale provava un sentimento morboso. Lui si era speso al massimo per lei, e la donna non lo poteva lasciare”. ‘Isabelle, vivi senza di noi’, quel messaggio scritto su un calendario tre settimane prima dell’omicidio, per il pm è un “monito, è la prova della premeditazione, così come lo è stata anche la richiesta, il giorno dell’omicidio, di poter passare tutta la giornata con la figlia: lui aveva elaborato un piano d’azione ben preciso”. Un omicidio, quello di Gloria, che secondo l’accusa ha avuto il suo movente nella ritorsione nei confronti di Audrey Isabelle, e non nella stregoneria, che, a parere del pm, non ha avuto “alcun risvolto concreto sui fatti”.
La mattina dell’omicidio, avvenuto il 22 giugno del 2019, Danho era andato a prendere la figlia nella casa protetta dove lei viveva con la madre. L’avrebbe tenuta lui fino alle 17. Erano passati dal mercato, dove lui le aveva comprato un vestitino, delle banane dolci e delle caramelle. Una volta a casa, nell’abitazione di via Massarotti dove lui viveva da solo, Danho aveva messo nel microonde un cibo tipico ivoriano “che a Gloria piaceva molto” e si apprestava a preparare una frittata con le cipolle per il pranzo. Ad un certo punto aveva preso il coltello che aveva in mano per tagliare le cipolle e aveva accoltellato due volte la figlia, una al polmone e una all’addome, dopodichè si era ferito egli stesso. “Ho avuto una crisi”, aveva detto l’imputato in aula, “stavo passando un momento difficile, ero abbattuto e disperato, mi è venuto l’impulso di uccidermi e di uccidere mia figlia. Pensavo che sua madre non l’amasse”. L’uomo aveva anche aggiunto che non andava d’accordo con i genitori di lei: “avevo avuto delle discussioni con loro, dicevano che lei non era venuta in Italia per fare dei figli con un negro”. Nella casa del delitto, gli inquirenti avevano trovato un testo scritto in francese sul retro di un calendario: ‘Audrey vivi senza di noi…e anche Gloria non è mai stata amata nè da te nè da tuo padre e tua madre. Aspetta la compensazione per diventare ricca”. Un manoscritto che anche per la parte civile, rappresentata dalla mamma di Gloria attraverso l’avvocato Elena Pisati, è una delle prove della premeditazione. Per la sua assistita, l’avvocato Pisati ha chiesto come risarcimento una provvisionale di 100.000 euro.
Lo scorso 12 ottobre, in aula, l’imputato si era difeso sostenendo di aver perso la testa: “Mi ha preso la follia”, aveva detto, “una follia non naturale, ero vittima di una stregoneria”. Danho aveva spiegato di non aver avuto nulla contro la bambina, addossando la colpa alla famiglia e alle amicizie della sua ex compagna, in particolare alla madre di lei e a una sorta di ‘zia’, una santona che Audrey Isabelle frequentava in Costa d’Avorio e con la quale pregava. Secondo Danho, che non era ben visto dalla famiglia di lei, quella santona aveva “poteri di creare del male a distanza anche in Italia”. La stregoneria, i problemi con la mamma della piccola e con i genitori di lei, il lavoro che non andava bene, che era a tempo determinato e che rischiava di perdere “perchè non ero concentrato”, avevano creato una “grossa confusione mentale” nell’imputato.
Gli stessi avvocati Michele Tolomini e Giuseppe Bodini hanno definito la mamma di Audrey Isabelle e la zia, considerata una sorta di veggente, “i personaggi chiave di una storia di immigrazione e povertà”. Secondo i difensori, inoltre, la madre di Gloria non era certo succube del marito: “aveva preso la patente, godeva di assoluta autonomia, si gestiva, aveva la baby sitter pagata 175 euro al mese e aveva la propria carta di credito. Scalpitava perchè voleva un alloggio più grande, ma Danho non riusciva economicamente. C’era anche la zia santona che gli chiedeva di inviarle soldi in patria. Per tutti questi motivi nella coppia, dal febbraio del 2019 si erano create tensioni e discussioni che hanno provocato in Danho uno stato di stress e difficoltà”. A queste tensioni si era poi aggiunto l’episodio dello schiaffo che aveva portato alla separazione dell’imputato dalla sua famiglia. “Per lui, definito da tutti un padre amorevole, è stato un travaglio psicologico”. Per i difensori, al momento dell’omicidio della sua bambina, Danho non era lucido: “lo testimoniano le fantasie oniriche riguardanti la presenza in casa di un fantomatico rapinatore. Al momento dei fatti, la sua capacità di intendere non era integra”. Al termine delle loro arringhe, gli avvocati Bodini e Tolomini hanno chiesto di escludere le aggravanti, “in quanto non sufficientemente provate”, e di considerare la sussistenza di un vizio parziale di mente”.
La sentenza sarà emessa il prossimo 18 gennaio.
Sara Pizzorni