Cronaca

Pandemia e crisi, Timpano: 'Piccole e medie imprese a rischio, servono capitali freschi'

L’allarme lanciato da Mario Draghi ha avuto la sua cassa di risonanza anche sul territorio cremonese, dove la preoccupazione più grande riguarda le piccole imprese. A evidenziare le criticità è il professor Francesco Timpano, docente di Politica economica dell’università Cattolica di Cremona, secondo cui la situazione, in un territorio dal tessuto economico formato principalmente da piccole imprese, come il nostro, il contraccolpo rischia di essere maggiore.

Mario Draghi nei giorni scorsi ha lanciato un monito: la situazione è peggiore di quanto sembra, siamo sull’orlo del baratro. Conferma questa analisi?
“Ci sono elementi di preoccupazione diversi. Innanzitutto il fatto che buona parte degli interventi introdotti per contrastare la pandemia sono a debito, e quindi portano a una crescita significativa del debito pubblico, con un deficit importante, soprattutto considerando che tecnicamente siamo in una fase di recessione, con segno – del Pil.

Un secondo altro aspetto di criticità è legato ai possibili effetti della crisi sulla dinamica delle imprese. Se oggi buona parte delle stesse sono in una situazione di congelamento, grazie alla cassa integrazione e al sostegno alla liquidità concesso dal Governo, e quindi per ora non si sono formalizzate chiusure significative delle attività economiche, il timore è che allorché la situazione si dovesse protrarre eccessivamente si arriverà al punto in cui la cassa integrazione non potrà ssere sostenibile a 0ltranza si rischia di andare incontro a chiusure significative.

Terzo elemento da considerare è l’impatto che ci può essere sul sistema bancario: le difficoltà delle imprese si tradurranno in un aumento delle sofferenze bancarie, proprio in un periodo in cui si stava, con fatica, uscendo da una fase di difficoltà dovuto alla precedente crisi del 2008/2009. Questo senza dubbio metterà in difficoltà alcune banche, come ha sottolineato anche Draghi”.

Quali potranno essere le ricadute di questa nuova crisi su un territorio come il nostro, composto per la maggior parte da piccole e medie imprese?
“Ho un approccio sempre molto ottimista perché confido nella capacità degli imprenditori e dei loro collaboratori di essere resilienti rispetto a una situazione che è grave e preoccupante: le nostre sono comunque aziende forti che hanno passato difficoltà molto serie. Tuttavia, se da un lato le piccole imprese possono avere un’agilità che consenta di reagire alla crisi in maniera più flessibile, dall’altro le dimensioni ridotte possono rendere difficile, per il nostro territorio, resistere al contraccolpo, anche a causa del rapporto con queste imprese con il sistema bancario”.

Cosa si può fare per scongiurare questo pericolo?
“E’ necessario stimolare in tutti i modi la capitalizzazione delle imprese, riducendo l’esposizione nei confronti delle banche, ma anche promuovendo la una capacità di attirare capitali freschi, di rischio anziché di debito. Ricordiamo che le nostre piccole e medie imprese, fino al 20 febbraio scorso hanno vissuto una fase positiva e di crescita e sono quindi aziende performanti, molte delle quali sono uscite irrobustite dalla crisi precedente.

Altro aspetto importante sarà la riorganizzazione delle filiere internazionali post-pandemia: le nostre imprese sono infatti spesso e volentieri inserite in queste filiere globali, in cui in qualche caso occupano degli spazi un po’ deboli ma in altri ne rappresentano segmenti importanti. Naturalmente moldo dipenderà anche da come si risolleveranno anche gli altri Stati: ricordiamoci che questa è una crisi globale che coinvolge tutti, a parte la Cina, dove invece sono già riusciti a ripartire, e questa è una cosa positiva, perché si creano degli spazi di mercato.

Cosa si può fare a livello territoriale per aiutare le imprese a combattere la crisi?
“A livello locale è necessario rendere la vita alle imprese il più facile possibile. Dunque il sistema istituzionale locale deve cercare di agevolare le aziende, riducendo la burocrazia che le imprese sono costrette s subire a fronte di servizi che non sempre sono efficienti. Dall’altro lato, quindi, è necessario un incremento dei servizi pubblici, perché si possono anche tollerare tassazioni elevate se i servizi sono di alta qualità. Cosa che invece ad oggi non accade”.

Laura Bosio

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