Cronaca

Cure oncologiche a domicilio, Passalacqua: 'Progetto apripista, convenzione con istituti milanesi'

Nuovi sviluppi per il progetto Onco-Home, promosso dall’Oncologia dell’ospedale di Cremona, in collaborazione con l’associazione Medea: la cura a domicilio del malato oncologico, che ha preso piede sotto il Torrazzo durante la prima ondata pandemica, in questa seconda fase ha riscosso un interesse da fuori provincia. “E’ in fase di sottoscrizione un protocollo con l’Istituto Tumori di Milano e il San Raffaele, per avviare una collaborazione in questo senso” spiega il dottor Rodolfo Passalacqua, primario di Oncologia dell’Ospedale di Cremona, nonché presidente di Medea, che insieme al vice, Maurizio Lanfranchi, hanno preso parte ieri alla trasmissione Ore12, in onda su Cremona1, per presentare l’iniziativa.

“Il nostro sarà un progetto apri-pista, per una nuova modalità assistenziale: considerando che circa il 40% dei malati oncologici assume terapie per via orale, che possono essere quindi somministrate anche al domicilio del paziente, la scelta è proprio quella di evitare l’accesso alla struttura ospedaliera quando possibile, andando di fatto a de-ospedalizzare anche certe patologie gravi, dove possibile”. Cosa che, in periodo di pandemia, è anche particolarmente importante per ridurre la circolazione del virus. Sono già un’ottantina, peraltro, i malati che vengono assistiti con questa modalità, sul territorio cremonese.

“L’idea è nata proprio nella prima fase della pandemia, quando molti dei nostri pazienti erano malati di Covid e dovevano quindi stare in isolamento domiciliare. Per questo abbiamo deciso di andare noi a curarli, creando un equipe composta da medici e infermieri”. L’Asst di Cremona si è occupata fornire i macchinari, mentre Medea ha fornito vettura e autisti per consentire al gruppo di cura di spostarsi sul territorio. “Importante il contributo fornito dall’associazione, ma anche dalla Fondazione Uniti per la Provincia di Cremona” spiega ancora Passalacqua.

Il problema principale, in questo periodo, riguarda il fatto che molti nuovi malati che si sono scoperti in questi mesi avevano già patologie in fase piuttosto avanzata: “Purtroppo, nonostante gli screening in ospedale siano ripresi, dopo il blocco nella prima fase pandemica, vanno a rilento e molte persone non sono state chiamate. Per questo faccio appello ai cittadini affinché, se anche non vengono contattati dall’Ats, provvedano di propria iniziativa ad effettuare gli screening più importanti, come quello del collo dell’utero o al seno. E’ un passaggio importante per la diagnosi precoce”.

Laura Bosio

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