Un altare per Maradona nella sede dell'ALAC L'installazione di Garay
Anche l’Associazione Latinoamericana di Cremona ha voltuo rendere omaggio a Diego Armando Maradona, scomparso mercoeldì 25 novembre all’età di 60 anni. “Grazie Diego querido”, hanno scritto in un post Facebook a commento dell’immagine che ritrae l’altare allestito all’interno della sede per poterlo ricordare. Insieme alle foto di Maradona e ai ceri, una bandiera argentina e le maglie della Seleccion e del Nwewll’s Old Boys, la squadra di Rosario che ha intitolato una tribuna del proprio stadio proprio a Diego diversi anni fa e con cui, lo stesso Pibe de Oro, ha giocato 5 partite. L’installazione è opera dell’artista, membro dell’Associazione, Luis Felipe Garay.
“Maradona per me rappresenta tutto, è come se fosse morta una parte di me”, spiega Garay che aggiunge: “Il primo atto di coscienza della felicità del calcio è stata la Coppa del Mondo del 1986, quando avevo solo 8 anni, ma lo ricordo ancora con molta forza. Mi sono innamorato di lui”. L’artista argentino è originario di Rosario e tifoso del Newell’s: “Ho avuto la fortuna di vederlo dal vivo con la squadra del mio cuore al suo debutto con la mia squadra, contro l’Emelec: conservo ancora il bisglietto intero a casa, perché c’era talmente tanta gente che ad un certo punto i controlli sono saltati”.
“Al di là della sua vita privata – aggiunge Garay -, dell’esperienza con la droga che lo hanno portato ad una sorta di autodistruzione, ma anche al di là dei suoi rapporti con Chavez o Fidel Castro, a me importa quel che ha rappresentato a livello mondiale. Non posso giudicarlo, ma come giocatore era un fuoriclasse e come essere umano ha sempre avuto una coerenza di pensiero: ha fatto moltissime attività per la gente più debole e ha sempre pensato ai più poveri”.
L’artista spiega quindi cosa lo ha spinto a creare questa installazione: “All’inizio, quando ho appreso la notizia, è stato uno shock e ho chiesto subito conferma ai miei amici in Argentina perché molte volte lo avevano già dato per morta. Una volta confermato, ho cominciato a piangere e ho sentito la necessità di fare qualcosa. Non potevo, anche se sarebbe stata la mia intenzione, essere a Buenos Aires, per cui ho deciso di fare questa specie di altare per ricordarlo”.
Mauro Taino