Processo Formigoni-Mariani, i giudici: 'Nessuna prova dell'accordo corruttivo'
“Non emerge un’azione amministrativa illegittima, nè una strumentalizzazione delle risorse a favore di Hermex. Sia a livello aziendale che regionale. Ciascuno degli enti, per le sue competenze, ha sviluppato i necessari approfondimenti istruttori con l’obiettivo di addivenire all’acquisto di un macchinario oggettivamente unico e dalle enormi potenzialità terapeutiche, il cui acquisto non si appalesa illogico per un ospedale come quello di Cremona”. Lo scrivono i giudici nelle 90 pagine di motivazione della sentenza di assoluzione emessa lo scorso 14 luglio a Cremona nei confronti dell’ex governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni, dell’ex direttore generale dell’ospedale di Cremona Simona Mariani, accusati di corruzione e turbativa d’asta su un presunto giro di tangenti nella sanità, e dell’ex direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina, accusato del solo reato di abuso d’ufficio.
Al centro dell’inchiesta cremonese, l’apparecchiatura oncologica Vero, venduta nel 2011 all’ospedale di Cremona dall’imprenditore catanese Giuseppe Lo Presti, titolare della Hermex Italia, per la cifra di otto milioni di euro. In aula Lo Presti aveva ammesso di aver versato una tangente di 427 mila euro all’ex consigliere lombardo Massimo Gianluca Guarischi, collettore di mazzette e amico di Formigoni, in cambio dello sblocco del finanziamento. L’obiettivo era quello garantire un trattamento preferenziale alla Hermex nelle gare per la fornitura di Vero. La somma era a pagamento di fatture emesse a favore della società di Guarischi. Quattro di queste, però, non entravano nell’ambito della consulenza di Guarischi, ed erano state emesse proprio in corrispondenza dei viaggi di Roberto Formigoni, che si sarebbe adoperato per sbloccare il finanziamento relativo alla vendita di Vero. Dai conti correnti di Guarischi esaminati dagli inquirenti risultava il pagamento di alcuni viaggi di cui Formigoni aveva beneficiato tra il 2012 e il 2013. Viaggi su aerei privati o elicotteri, soggiorni di lusso in località turistiche come Oman, Sudafrica, Croazia, Sardegna, Saint Moritz, che l’ex governatore faceva assieme allo stesso Guarischi. Sarebbe stato proprio quest’ultimo, ex enfant prodige di Forza Italia, ad aver pagato le vacanze.
Per i giudici, se è vero che “l’accordo tra Lo Presti e Guarischi vi è certamente stato, e peraltro è stato anche attuato e rispettato, consentendo di addivenire alla fornitura di Vero presso l’ospedale di Cremona e consentendo a Guarischi di ottenere da Lo Presti tutti i pagamenti, è anche vero che “nessuno dei testi ha fornito elementi che consentano di affermare che Formigoni fosse a conoscenza di tale accordo, o che vi fosse addirittura coinvolto”. E’ stato provato il fatto che Formigoni avesse partecipato a numerose vacanze in compagnia di Guarischi e di altri amici comuni ad entrambi. “Ciò che tuttavia non è affatto emerso con pari certezza è che, di conseguenza, mediante il pagamento di tali importi Guarischi di fatto versasse al pubblico ufficiale somme da ritenersi prezzo della corruzione. I testimoni hanno riferito che i viaggi venivano organizzati da Guarischi, il quale, la maggior parte delle volte, anticipava i pagamenti per i partecipanti. Tuttavia hanno tutti fermamente affermato che successivamente a questo primo pagamento ogni partecipante restituiva allo stesso Guarischi la propria quota, in contanti o assegni. E così faceva anche Formigoni. Non è sufficiente il fatto che in molti casi, in sede di indagini, non sia stato possibile rinvenire la prova dei pagamenti effettuati da Formigoni a Guarischi a titolo di rimborso delle spese da questi anticipate”. Per quanto riguarda i regali che Guarischi avrebbe fatto a Formigoni, i giudici non escludono che gli “eventuali regali si collochino nel complesso dei presenti che Guarischi era solito fare, in occasione delle feste di Natale, ai suoi amici e conoscenti, e tra questi, Formigoni, con il quale aveva un rapporto di amicizia consolidato da anni”.
In aula l’imprenditore Lo Presti aveva anche sostenuto di aver comprato con il suo denaro dei regali per conto di Guarischi all’allora direttore generale dell’ospedale di Cremona Simona Mariani: un orologio Bulgari pagato 1.770 euro e un bracciale ‘tennis’ 2.700 euro, entrambi regali per Natale del 2011 e del 2012. Regali che però non sono mai stati trovati al momento della perquisizione e che la Mariani ha sempre negato di aver ricevuto. Nella motivazione, i giudici, pur ritenendo le dichiarazioni rese a processo da Lo Presti, “puntuali, coerenti, anche autoaccusatorie, e scevre da ogni intento calunniatorio”, sottolineano che “la prova dell’avvenuta dazione di due gioielli non è però automaticamente dimostrazione nè dell’accordo corruttivo, nè della contrarietà dell’atto ai doveri d’ufficio. Non vi è prova che la direttrice sia stata sollecitata dai vertici regionali, in particolare Formigoni e Lucchina, ad acquistare Vero”. Per i giudici, “l’istruttoria dibattimentale, oltre a far emergere la piena legittimità formale della procedura amministrativa, non ha consentito di accertare la sussistenza di alcun accordo corruttivo”. E per quanto riguarda i regali alla Mariani, che “ha scelto legittimamente di acquistare Vero nell’esclusivo perseguimento dell’interesse pubblico, non c’è alcun legame funzionale tra l’acquisto di Vero e la consegna dell’orologio prima e del bracciale poi”.
Infine la posizione di Carlo Lucchina, accusato di abuso d’ufficio per aver esercitato pressioni su Gerolamo Corno, ex direttore generale dell’Istituto dei Tumori di Milano, per l’acquisto di Vero, poi non andato in porto. Per i giudici, “la procedura per il finanziamento, da parte della Regione Lombardia, delle somme richieste dall’Azienda ospedaliera di Cremona, si è svolta in maniera legittima; e ciò vale sia per le condotte poste in essere dai soggetti operanti presso l’ospedale, sia per quelle poste in essere dai soggetti operanti in Regione, tra i quali Lucchina. Come l’assenza delle contestate condotte ha portato ad affermare l’insussistenza di una turbativa del procedimento, parimenti consente di affermare l’insussistenza anche dell’abuso d’ufficio”.
Sara Pizzorni