Consumo di suolo, in provincia di Cremona il secondo maggior incremento annuo in Lombardia
Ieri, mercoledì 22 luglio, a Roma, ISPRA ha presentato il rapporto annuale che fotografa la situazione delle trasformazioni territoriali in Italia, con dati di estremo dettaglio, comune per comune. Dalle pieghe del rapporto emergono segnali di cambiamento, dopo una lunga fase di rallentamento legato soprattutto alla crisi del settore delle costruzioni. La Lombardia, complessivamente, non può che confermare il suo piazzamento al primo posto della classifica nazionale del consumo di suolo, con i suoi 287mila ettari di superficie ormai impermeabilizzata da cemento e asfalto: il 2019 ha portato una perdita di altri 642 ettari agricoli convertiti in superfici urbanizzate, un dato in linea con quelli precedenti, ma che rappresenta la classica media del pollo tra contesti provinciali molto differenti.
A Cremona si è raggiunto il 10,4% di territorio urbanizzato, il terzo dato lombardo più basso, cui però fa da contraltare una crescita annua (riferita al 2019) di 65,8 ettari. Si tratta del quinto incremento più alto in Regione in termini di superficie (dietro a Brescia, Bergamo e Mantova e a pari con Milano), ma il secondo in termini percentuali (0,36%, dietro solo Brescia che fa registrare +0,37%). Un dato che si posiziona anche sopra la media regionale di +0,22%. Analizzando il trend 2012-2019, invece, emerge che il territorio cremonese sia il quinto ad aver consumato più suolo in Lombardia dopo Lodi, Milano, Pavia e Bergamo.
In generale, si distinguono province del settore nord occidentale, in cui i dati sono in rallentamento, a partire da Lecco, di gran lunga la più virtuosa tra le province lombarde: insieme a quella di Milano che ha avuto una ‘crescita zero’ del consumo di suolo nel 2019, si tratta delle buone notizie, che dimostrano, nei fatti, che è possibile avere una buona qualità della vita e dell’economia senza sacrificare la risorsa naturale. Al contrario, la fascia della bassa pianura, quella con “i terreni più fertili e ben irrigati”, continua a lamentare perdite definite “severe”: se nel decenni 2010 erano soprattutto le province di Milano, Lodi e Pavia ad accusare le perdite maggiori, ora i dati più allarmanti giungono dal settore sud-orientale della regione, in particolare dalla pianura delle province di Brescia, Mantova e Bergamo. In queste sole tre province infatti si concentrano perdite per 355 ettari di suolo nel 2019, il 55% del totale regionale.
Gran parte dei nuovi stock di consumi di suolo in queste province deriva, secondo Legambiente, “da nuove realizzazioni di compound logistici e centri di smistamento del commercio digitale, che richiedono grandi superfici e che, quasi sempre, atterranno su terreni liberi su cui sia possibile assemblare capannoni da consegnare nel più breve tempo possibile alla committenza”. “Si tratta – dichiara Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente – di un business immobiliare che deliberatamente trascura i sedimi dei tanti capannoni abbandonati lasciati a deperire spesso di fianco ai nuovi centri logistici una situazione generata dalla inadeguatezza del sistema delle regole necessarie ad arginare un fenomeno che ha molti connotati speculativi”.