Cultura

Al Museo del Violino esposto dal 7 giugno un violino Giovanni Rota

Le collezioni del Museo del Violino di Cremona si arricchiscono di un nuovo strumento. Da domenica 7 giugno, infatti, sarà temporaneamente esposto un violino di Giovanni Rota, autore poco conosciuto, ma di sicuro rilievo nella storia della liuteria cittadina. Costruito all’inizio del XIX secolo è attualmente proprietà del musicista Enrico Giovannini. Accanto alle opere di Nicola Bergonzi, Lorenzo Storioni e Giovanni Battista Ceruti, lo strumento di Rota completa le testimonianze della realtà artigianale cremonese degli ultimi anni del Settecento e degli esordi del secolo successivo. Oltre cinquant’anni sono trascorsi dalla scomparsa dei grandi artefici della prima metà XVIII secolo. Un violino raro se consideriamo l’esigua produzione di Giovanni Rota, che mostra all’interno un cartiglio del suo Maestro, Lorenzo Storioni.

Il profilo della cassa armonica ricorda lo strumento della collezione della Royal Academy of Music di Londra, mentre l’intaglio della testa richiama il violino di proprietà della Fondazione Chi-Mei di Taiwan. La figura di Giovanni Rota è piuttosto misteriosa. Poco si sa della vita del liutaio, attivo in città a partire dall’ultimo decennio del Settecento: epoca raccontata dagli storici della liuteria cremonese come il periodo del declino, dopo i decenni della massima gloria, successivo alla scomparsa dei grandi artefici nel decennio fra il 1737, anno della morte di Antonio Stradivari, e il 1747, quando spira Carlo Bergonzi. Il 23 agosto 1767 Giovanni Rota nasce nella Parrocchia di San Pantaleone, chiesa soppressa nel 1774 e di cui a futura memoria troviamo traccia nella piazzetta, laterale a via Altobello Melone, che ne porta il nome.

Pochi anni più tardi, il 7 maggio del 1776, le riforme volute dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria sancivano anche la fine dei privilegi, delle concessioni, e dei diritti esclusivi di 31 corporazioni, veniva concesso ai cittadini la scelta dei mestieri e delle così dette arti meccaniche. Era l’abolizione delle Università dei Mestieri e l’istituzione della Camera dei Mercanti. Un colpo definitivo alla liuteria cremonese secondo lo studioso Elia Santoro, episodio ultimo ma poco significativo rispetto alle difficoltà in cui da decenni si trovavano i liutai cremonesi.
rova ne è che negli anni immediatamente precedenti la realtà cittadina vedeva al lavoro ben pochi artefici: Lorenzo Storioni, e gli ultimi eredi della famiglia Bergonzi.

Il futuro del giovane Giovanni Rota è determinato dalle relazioni della sua famiglia. È stata attribuita alla famiglia di suo padre Paolo un legame con la moglie di Nicolò Amati. Il fatto però maggiormente rilevante è una relazione di parentela conseguente al matrimonio della sorella, Anna, nel 1780. In conseguenza di questo si determina un legame fra le famiglie Rota e quella di Omobono Storioni padre del liutaio Lorenzo. Trascorrono sette anni. Giovanni, non ancora ventenne, orfano della madre e del padre, molto probabilmente è apprendista nella bottega di Lorenzo Storioni.

Il giovane Rota è registrato come “garzone” del più anziano Lorenzo Storioni nei registri della nuova Camera dei Mercanti di Cremona nel 1787: la sola altra bottega iscritta in quell’elenco è quella di Nicola Bergonzi. Nel 1791 vive in contrada dei Coltellai, l’attuale via Guarneri del Gesù, nell’ edificio di fronte si trovano le famiglie Storioni e Bergonzi. I soli tre liutai attivi in città abitano a pochissima distanza fra loro. Uno strumento di pochi anni dopo presenta sull’etichetta la scritta “Cremona” depennata e sostituita con l’iscrizione “Mantova”. Giovanni Rota evidentemente non è più a Cremona e sembrerebbe aver seguito nella vicina Mantova il suo maestro Storioni. Si conoscono altre etichette con la dicitura che fa riferimento alla città di Mantova e una di queste è datata 1803.

Negli anni successivi la vita del liutaio sembra complicarsi e se ne perde ogni traccia. Si sa che nel 1794, forse per un breve periodo, è di nuovo con la moglie e il figlio a Cremona; è questa l’ultima notizia che gli archivi ci trasmettono. Improvvisamente, nonostante ricerche effettuate in passato in entrambe le città, non si hanno più riscontri sulla vita di Giovanni Rota.
Nel 1812 nel censimento della città di Cremona troviamo i protagonisti della liuteria: Storioni, Nicola Bergonzi ormai mercante di stoffe e drappi e Giovanni Battista Ceruti; non vi è, invece, alcuna traccia di Rota.

La data della sua morte è ad oggi sconosciuta, l’ultima notizia si evince dall’atto di morte di sua moglie Luigia Gerelli, nell’agosto del 1829, dove si legge vedova del fu Giovanni Rota.
Se risultano del tutto scarse le notizie documentarie sulla seconda parte della vita dell’unico allievo di Lorenzo Storioni, la stessa considerazione può essere estesa alla sua produzione di strumenti. Non trovano alcun riscontro documentario le ipotesi, formulate in passato, che presentano un liutaio attivo, dopo un periodo di apprendistato, presso altre botteghe, come quella di Nicola Bergonzi, quindi a Mantova, presso Tommaso Balestrieri, prima della morte di questi nel 1788, e successivamente a Cremona, nella bottega di Ceruti. Certo è che gli anni in cui si trova ad operare Giovanni Rota sono tempi difficili per i liutai cremonesi: la committenza di strumenti musicali appare limitata e da decenni sono attive numerose botteghe in importanti centri del Paese, realtà che mostrano una vivacità e un’offerta musicale ben diversa dalla piccola Cremona. La città che Henry Beyle ufficiale dell’esercito Napoleonico, che più tardi prenderà il nome di Stendhal, descrisse come un grande paesone, dove si muore di noia e di caldo.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...